LUCIO VARRONIO CAPITONI FIGLIO DI LUCIO”Curator aquarum” di Formiae romana

LUCIO VARRONIO CAPITONI FIGLIO DI LUCIO
“Curator aquarum” di Formiae romana

È il personaggio della Formiae romana che è stato premiato con il maggior numero di basi onorarie , statue ed epigrafi.

Certamente è stato anche il ” curator aquarum ” con il maggior consenso pubblico . È l’unico di sicuro ad aver gestito il Cisternone di Castellone , elemento principale per la distribuzione delle acque pubbliche.

La prima base è conservata nel lapidario di Villa Rubino ex Villa Real Caposele appartenuta, come bene personale, alla famiglia reale dei Borbone.(foto 1)

L’ultimo re borbonico che pote’ godersi i piaceri di questa villa a mare, forse appartenuta anche M.Tullio Cicerone, fu Francesco II che la possedette per un periodo inferiore ai due anni.

Torniamo al nostro Curatore delle acque, di cui abbiamo molte notizie.
Innanzitutto apparteneva alla Gens Palatina e sappiamo anche il nome della consorte Gavia Eugenia , da una base onoraria esposta sotto il Palazzo Comunale di Formia, lato Via Vitruvio.(foto 2)

La sua qualifica di ” patronus colonia ” ci induce a pensare che abbia operato non prima del secondo sec. d.C.
Formiae rimase municipio fino all’età di Adriano, quando fu da quest’ultimo elevata al rango di colonia.

Le altre due iscrizioni su imponenti basi onorarie le troviamo ancora sotto il palazzo comunale .(foto 2 e 3)

Dalla lettura delle tre epigrafi sappiamo che L. Varronio Capitoni fu anche uno ” scriba aedilicius ” ( un magistrato ) e ” duoviro quinquennalis” .

Due di queste basi onorarie con statue furono poste a sue spese ( Pec sua ) .

In alcuni testi storici Formiae e’ chiamata la città dei Capiti o dei Capito , evidentemente per la diffusione di questo “cognomen” .

Ad averlo ancora oggi come curatore delle acque del nostro territorio ci avrebbe evitato di subire una infinità di disservizi e di mortificazioni inenarrabili !!!!!!!!!!!

Raffaele Capolino

CENTRO MEDICO DI CASTELLONE – FORMIA

CENTRO MEDICO DI CASTELLONE  – FORMIA

Questo Centro Medico di Via S Maria La Noce  fu creato nel 12° anno dell’era fascista, cioè  nel 1934.
Uno dei primi Centri Sanitari Pubblici della nostra Città di Formia

È cambiata più volte la denominazione del Centro Medico ma, come potete vedere dal confronto delle foto , la struttura è rimasta quasi  quella originaria.

In questa struttura molti di  noi sono  stati vaccinati per vaiolo e poliomielite, nei primi anni del dopoguerra ,  prima dell’accesso alle scuole obbligatorie primarie.

A quei tempi ,  nessun genitore si è opposto  per non far vaccinare i propri figli.

Predette malattie infettive sono state debellate con i vaccini e noi possiamo, ancora oggi , parlare di questi ricordi.

Raffaele Capolino

I NOSTRI ANTENATI A ROMA PER IL GIUBILEO DEL 1675La peste del 1656

I NOSTRI ANTENATI A ROMA PER IL GIUBILEO DEL 1675
La peste del 1656

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Siamo nel 1675, più di 350 anni fa , in pieno Giubileo di Papa Clemente X dopo una tremenda peste bubbonica che , dal 1652 al 1656 si propago’ nel Mezzogiorno d’Italia.

La peste pervenne dalla Spagna , si diffuse prima in Sardegna e, successivamente , tramite marinai infetti, a Napoli dove , in tutto il periodo di pestilenza , vi furono 200.000 morti su 450.000 di popolazione complessiva.
A quei tempi la medicina non era ancora in grado di curare malati colpiti da epidemie capaci di provocare una mortalità così alta , né si sapeva cosa fossero i vaccini.
Il primo vaccino fu messo a punto nel 1796 da Edward Jenner e fu utilizzato per combattere il virus del vaiolo.

Non ci sono pervenuti dati riguardanti i morti nel nostro territorio per la peste bubbonica. Possiamo solo immaginare che i danni prodotti dalla peste si fecero sentire per diversi anni ancora fino al Giubileo del 1675 che fu accolto dai nostri come un atto necessario per un ritorno alla normalità della vita.

A suddetto Giubileo, cercando aiuto nel buon Dio , parteciparono tre ” Compagnie ” – così furono chiamate dagli organizzatori – di nostri antenati .
Conosciamo sia le date di arrivo a Roma , sia il numero di persone che vi parteciparono.

  • Il giovedì del 25 Aprile del 1675
    “Entro’ a Roma per la Porta di San Giovanni Laterano e fece la comparsa in Campo Vaccino Vecchio, una Compagnia venuta da Maranola, Diocesi di Gaeta, con Sacco bianco in numero di Huomini 55 , non aggregata fu ricevuta , cibata e alloggiata per tre sere da la Compagnia de la Santissima Trinità de’ Pellegrini. Lasciò di Elemosina 50 boccali d’Olio “

-Il 1° maggio, di mercoledì dello stesso anno fu accolta a Roma “La Compagnia di Castellone di Gaeta composta da ” 104 homini e 40 donne”.

  • Il 10 di novembre del 1675 a Roma arrivò “La Compagnia di Gaeta” composta da ” 51 homini e 10 donne”

Chissà quanti giorni impiegarono i nostri , per percorrere a piedi i circa 140 km che dividono Roma dai nostri territori.

Arrivati a Roma furono accolti da diverse Confraternite che misero a disposizione alloggi e pasti per i tre giorni, ritenuti necessari per visitare le quattro Basiliche di:

  • San Pietro
  • San Paolo fuori le mura
  • San Giovanni in Laterano
  • Santa Maria Maggiore

Interessante è la lapide di Gaeta, conservata nel “Succorpo” della Cattedrale, con la quale i Gaetani sono riconoscenti a S. Erasmo che li protesse dalla virulenza della peste bubbonica del 1656.

Raffaele Capolino

NINFEO MINORE DI VILLA RUBINO – FORMIA

NINFEO MINORE DI VILLA RUBINO – FORMIA

La volta del Ninfeo Minore della Villa Rubino di Formia è decorata a mosaico con utilizzo di pietre calcaree colorate e di conchiglie di ogni specie che, in molti casi , sono venute meno, anche se sono rimaste le evidenti impronte .

Questo Ninfeo fu fatto restaurare da Ferdinando ll re delle due Sicilie, nel periodo tra il 1852 e il 1859.

Anche di recente , gli intonaci sono stati stuccati e consolidati per evitarne la perdita.

La comparazione dello stile strutturale e decorativo con quello della “Casa della Fontana Piccola” di Pompei , ci porta a collocare temporalmente il nostro sito nel primo secolo a.C.

Pochi giorni fa il Ninfeo Minore di Villa Rubino, è stato ammirato e apprezzato da Costantino D’Orazio, storico dell’arte di Rai news 24.

Opera antica e meravigliosa , del nostro glorioso periodo romano, che ci incanta per la sua bellezza e , nello stesso tempo, ci impegna a conservarlo in buono stato per le future generazioni.

Raffaele Capolino

UNA GIORNATA INTERA , IN ALCUNI DEI NOSTRI SITI ARCHEOLOGICI DI FORMIA, IN COMPAGNIA DELLO STORICO DELL’ARTE COSTANTINO D’ORAZIO DI RAINEWS24

  • I due ninfei di Villa Rubino
  • Area archeologica del Caposele
  • Villa Lamberti
  • Tomba di Cicerone
  • Torre di Castellone
  • Cisternone Romano
  • Museo Archeologico Nazionale

Raffaele Capolino

AGLI “HORTI LAMIANI” UN MAUSOLEO UGUALE ALL’ ASPETTO ORIGINARIO DELLA TOMBA DI CICERONE DI FORMIA

AGLI “HORTI LAMIANI” UN MAUSOLEO UGUALE ALL’ ASPETTO ORIGINARIO DELLA TOMBA DI CICERONE DI FORMIA

La gens ” Lamia ” , originaria di Formiae romana , aveva lussuose dimore anche a Roma .

In particolare una loro “domus ” all’Esquilino era impreziosita dalla presenza di vasti giardini , ninfei, gallerie, quadriportici, tutti realizzati con estrema cura e raffinatezza.
Questa proprietà romana di circa mq 3.500 , posseduta dai ” Lamia ” fino al primo secolo d.C., quando fu ,dall’ultimo discendente, donata all’imperatore Tiberio e pertanto, divenne proprietà del demanio imperiale, aggiungendosi agli altri confinanti “Horti Maecenatis” che già Mecenate aveva lasciato in eredità ad Augusto.
Tutti gli imperatori utilizzarono queste due proprietà , in particolare – Tiberio , Claudio , Caligola,Alessandro Severo – che le arricchirono sempre più con marmi pregiati provenienti da ogni parte del mondo.

Gli “Horti lamiani” erano considerati luoghi di godimento per l’imperatore , i suoi familiari ed i collaboratori.
Gli “horti” erano dotati di ogni comodità. Non mancavano alberi esotici ed animali di ogni specie e provenienti da ogni provincia romana.
Insomma un angolo di paradiso , immerso in strutture architettoniche di ogni tipo, con giochi d’acqua, mosaici pavimentali e a parete, statue , colonne , fregi, decori, ed ogni realizzazione ritenuta geniale.

Con somma sorpresa , durante una mia recente visita ai luoghi, ho potuto apprendere che nella proprietà “Lamiana” era possibile ammirare un sepolcro romano identico a quello che a Formia riteniamo sia riferito a Marco Tullio Cicerone.
Il Mausoleo romano misurava 24 metri alla base quadrata mentre metri 20 era il diametro del tamburo superiore.
La base quadrata del sepolcro formiano è di circa 20 metri e il diametro del cilindro è di circa 15 metri .
Il “Mausoleo Lamiano” era leggermente piu’ imponente, ma lo stile è medesimo.
Il sepolcro formiano sembra più slanciato per essere stato costruito su un piano di campagna rialzato e per aver perso tutto il rivestimento marmoreo del corpo cilindrico , nonché buona parte della base quadrata.

Il “sepolcro Lamiano” fu per secoli utilizzato come abitazione ed era chiamato dal popolo di Roma ” Casa Tonda”, visibile fino al 1887 quando fu studiato dall’archeologo Rodolfo Amedeo Lanciani, prima che fosse abbattuto per poter realizzare ” Piazza Vittorio ” all’Esquilino.
Fino al 1975 era possibile ancora ammirarne la grande base in calcestruzzo romano.

È molto probabile che sia stato il sepolcro dell’ultimo discendente della Gens Lamia , forse il figlio quel Lucio Aelio Lama che , assieme al figlio del grande oratore di origini arpinate , si interessò per costruire il sepolcro di Cicerone che possiamo ancora ammirare a Formia.

Alcuni ipotizzano, invece, che il Mausoleo dell’Esquilino , prospiciente la Via Labicana, possa essere riferito a Mecenate, amico e consigliere di Augusto.

I tre personaggi sopra citati – Cicerone, Lamia e Mecenate – erano contemporanei, e si conoscevano benissimo.

Che sia stato uno stesso architetto a progettare i due mausolei?

Raffaele Capolino

LA TRAGICA FINE DI UN AMICO DI MARCO TULLIO CICERONE

LA TRAGICA FINE DI UN AMICO DI MARCO TULLIO CICERONE
Episodio citato da Plinio il Vecchio

Stiamo parlando di Lucio Aelio Lamia, della Gens Lamia, una famiglia originaria di Formia e famosa a Roma per almeno tre generazioni .
La mitologia romana riteneva predetta famiglia discendente dall’antico re di Formia : Lamo

Antichi nomi della nostra città sono : Hormiae – Telepilo ( così la chiama scherzosamente Cicerone in una sua lettera ad Attico) – Lamia – Lestrigonia .
E il re dei lestrigoni era proprio un antenato dei Lamia : Lamo , ritenuto figlio di Poseidone

Il padre di Lucio Aelio Lamia, quest’ultimo affetto da una deformazione scheletrica , affidò il figlio a Cicerone per ricevere educazione , cultura e capacità politica .
Così il giovane Lucio Aelio Lamia divenne senatore nominato da Cesare, ricoprì la carica di Edile e fu anche Pretore.

Aveva a Formia molte proprietà ereditate dai suoi avi , a Roma sull’Esquilino erano famosi i suoi ” Horti Lamiani ” che divennero in epoca successiva di proprietà dell’imperatore Tiberio.

Fu tale la sua amicizia con Cicerone che, quando quest’ultimo nel 58 a.C. fu condannato all’esilio , non solo si attivo’ per aiutarlo ma addirittura lo seguì volontariamente nell’esilio . Per questo atto subì una condanna dal Senato di Roma per aver offeso le leggi romane .

Anch’egli subì la confisca di sue proprietà immobiliari al pari di Cicerone che fu privato della proprietà della casa romana al Palatino , della villa del Tuscolo e di quella di Formia.

Cicerone lo nomina più volte nelle sue numerose epistole ai familiari e ad Attico.

Dopo la morte di Cicerone a Formia nel 43 a.C. , ne raccolse il cadavere mutilato e lo seppellì in un sepolcro provvisorio.

Nel 42 a.C., da poco tempo eletto Pretore, ebbe un malore che lo colpì gravemente fino al punto di essere considerato morto . Si trattava invece di una morte apparente , ma nessuno se ne accorse.

Fu deposto sulla pira e, solo alle prime fiamme, si riprese gridando come un forsennato , ma fu troppo tardi e finì così la sua vita terrena tra le grida disperate dei suoi congiunti.

Il figlio di Lucio Aelio Lamia , con lo stesso nome del padre , intorno all’anno 30 a.C. , grazie al perdono di Augusto e assieme al figlio di Cicerone, curò la costruzione a Formia di quel sepolcro che oggi chiamiamo Tomba di Cicerone , posto sul margine dell’Appia Antica e sul terreno che fu di proprietà dello stesso Oratore.

Il fenomeno della morte apparente era abbastanza diffuso tanto che Valerio Massimo e Plinio il vecchio , oltre a questo episodio capitato a Lucio Lamia, riportano altri otto casi tra cui quello del console Aviola , di Ermotimo di Clazomene e di Gaio Elio Tuberone che , pur tra le fiamme della pira funebre, riuscì a salvarsi miracolosamente.

Cicerone così scrisse di Lucio Aelio Lamia : Vir summo splendore, summa gratia, magnificentissimo munere Aedilitatis

( Molti particolari sono tratti dal libro : La Gens Aelia Lamia – scritto da Paola Brandizzi Vittucci Edizioni Phasar 2016 )

Raffaele Capolino

LA RESIDENZA FORMIANA DEL RE FRANCESCO II

LA RESIDENZA FORMIANA DEL RE FRANCESCO II

L’ incisione, oggetto di questo articolo, proviene dalla collezione privata di Daniele Elpidio Iadicicco e riporta la seguente dicitura.

VUE DE GAETE , RESIDENCE DU ROI DE NAPLES FRANCESCO II

È ovvio che si riferisce alla Real Villa Caposele , acquistata nel 1852 , come bene privato , dal Re Ferdinando ll (1810 – 1859) padre di Francesco ll.

Furono necessari un paio di anni per apporre a questa residenza modifiche volute dallo stesso Ferdinando ll.

In particolare fu ripristinata la condotta idrica per la captazione della sorgente di S. Maria La Noce.
Era necessaria per alimentare tre fontane monumentali fatte ripristinare dal Re Ferdinando ll .

Purtroppo furono coperti con terra e trasformati in giardino i grandi impianti di piscicoltura di epoca romana.

Ferdinando ll poté godersi questa struttura al centro del “Sinus Formianus” nei pochi anni dal 1852 al 1859.
In questo periodo, molte leggi e decreti del Regno delle Due Sicilie furono emessi da questa residenza formiana che fu, negli anni addietro, di Carlo Ligny Principe di Caposele.

Dopo la morte del padre nel 1859, la vita del giovane Re Francesco fu funestata da altri tragici eventi verificatisi nei due anni successivi.

Nel 1860 fu costretto ad abbandonare Napoli, la capitale del suo regno, per rifugiarsi nella Fortezza di Gaeta, passando, senza potersi fermare nella sua dimora di Formia.
I Savoia avevano deciso, senza alcuna dichiarazione di guerra, di appropriarsi dell’intero regno borbonico.

Nel 1861, precisamente il 13 di febbraio, Francesco ll perse il Regno delle Due Sicilie costretto da un atto di resa verso i Savoia.
Atto di resa che, per un crudele destino , fu firmato nella sua Villa Caposele di Formia, scelta da Cialdini come quartiere generale per le operazioni di assedio della Fortezza di Gaeta.

Sua madre Maria Cristina di Savoia (1812 – 1836) era figlia di Vittorio Emanuele l° che fu re di Sardegna.
Quest’ultimo re ( nonno materno di Francesco ll) con sua moglie Maria Teresa D’Austria e Ferdinando IV di Borbone (bisnonno paterno di Francesco ll) con Maria Carolina, furono ospiti, nel 1791, nella Villa Caposele di Formia appartenuta in quel momento al Principe Carlo Ligny.

Francesco ll ( 1836 – 1894) rimase orfano di madre quindici giorni dopo la sua nascita avvenuta il 16 gennaio del 1836.

Il suo regno durò dal 22 maggio 1859 al 13 febbraio del 1861.

Raffaele Capolino

2064 ANNI FA , FU ASSASSINATO A FORMIA MARCO TULLIO CICERONE

2064 ANNI FA , FU ASSASSINATO A FORMIA MARCO TULLIO CICERONE

Il tragico evento avvenne a Formia il 7 dicembre del 43 a. C.

Conosciamo gli ultimi giorni di Marco Tullio Cicerone, perché narrati dal padovano Tito Livio ( 59 a.C. – 17 d.C.) che, da sedicenne e già nel giro degli amici di Ottaviano , futuro imperatore di Roma con il nome di Augusto, venne certamente a conoscenza dell’assassinio del grande oratore originario di Arpino.
Tito Livio, per aver avuto da Augusto l’incarico di scrivere la storia di Roma nei primi sette secoli , deve aver avuto la possibilità di accedere alla biblioteca dello stesso imperatore.

E’ probabile pure che la sua amicizia con Augusto gli permise di consultare la biografia ciceroniana redatta da Tirone , liberto-segretario di Cicerone.
Purtroppo di questa monumentale biografia , nulla è a noi pervenuto.

Tito Livio fu quindi nelle migliori condizioni di poter descrivere , con informazioni di prima mano, la morte di Cicerone nel libro CXX , libro che pure andò perso assieme ad altri, avendone scritti 142 e solo 35 sono da noi conosciuti.

Fortunatamente, siamo venuti a conoscenza di un frammento del libro CXX perché salvato e riportato da Seneca il Vecchio( 54 a.C. – 39 d.C.) sul suo testo “Suasoriae” al punto Vl, 17 dove si legge l’episodio della fuga di Cicerone da Roma , appena saputo di essere nella lista dei proscritti accusati di avere congiurato e procurato la morte di Cesare:

“…….Dapprima si rifugiò nella villa di Tuscolo, poi , per strade traverse, in quella di Formia con l’intenzione di imbarcarsi a Gaeta e di allontanarsi. Di qui cercò più volte di prendere il largo, ma , sia a causa dei venti avversi che lo respingevano indietro, sia a causa del rullio della nave, provocato dal caotico accavallarsi delle onde , che non riusciva a sopportare, fu colto dal desiderio di farla finita con la fuga e con la vita; fatto ritorno alla superiore villa che dista dal mare poco più di un miglio dove ………..[ raggiunto dai sicari di Antonio]……. fu lui stesso ad ordinare ai servi di deporre la lettiga e di accettare con rassegnazione ciò che l’ingiusto destino imponeva………”

Tito Livio scrisse in latino:

” …..regressusque ad superiorem villam, quae paulo plus mille passibus a mari abest …..”

Da quanto scritto da Tito Livio si deduce che la villa formiana di Cicerone era situata su un’altura ad un miglio dal mare.

Con la conoscenza odierna dei luoghi , e da ciò che scrisse Tito Livio, possiamo localizzare
la ” superiorem villam ” di Cicerone sulla collina formiana di Acervara , ad un centinaio di metri a nord dei resti della Tomba di Tulliola , dove ci sono abbondanti resti di una ” domus” servita da una imponente cisterna , come da allegate foto con didascalie.

Possiamo pertanto supporre, con buona probabilità, che l’intera proprietà di Marco Tullio Cicerone andasse dalla vetta della collina di Acervara fino al litorale di Vindicio dove, all’angolo orientale vi era un piccolo tempio di Apollo , come riferito successivamente da Plutarco.

Viene anche facile pensare che cinque siti archeologici , allineati perfettamente in direzione sud-nord e confinanti con un ” vico ciceroniano ” di medievale memoria, possano essere appartenuti ad una stessa persona e che questa proprietà sia stata propria quella di Marco Tullio Cicerone.

Questa è la loro disposizione:
1 – Attuale Villa Lamberti che si pensa sia stata utilizzata da Cicerone come “balneum” stando a pochi passi dal mare
2 – Tomba di Cicerone
3 – Tomba di Tulliola
4 – Resti Villa di Cicerone sulla collina di Acervara , esattamente a ” mille passi dal mare”.
5 – Resti ” cisterna romana” sull’Acervara a servizio della domus sottostante.

Tutti i tasselli si incastrano perfettamente con quanto narrato da Tito Livio e recuperato, per fortuna , da Seneca il Vecchio , padre di Seneca il Giovane , il consigliere dell’imperatore Nerone.

Tutte le strutture sono di epoca repubblicana con esclusione dei resti in Villa Lamberti che presentano restauri ” in latericium” avvenuti posteriormente in epoca imperiale e , ovviamente, la Tomba di Cicerone fatta realizzare nel periodo ” augusteo” , dal figlio Marco con il presunto aiuto di Elio Lamia e di Attico.

Storici successivi, come Plutarco ( 50 d.C.- 120 d.C.) , Appiano ( 95 d.C. – 165 d.C.) ed altri non potevano che attingere notizie da quanto scritto da Tito Livio che, anche se per soli sedici anni , fu contemporaneo di Cicerone.

Nel ” Formianum” , una proprietà di circa 100 ettari, trovasi il sepolcro di Cicerone e quello della sua amata Tulliola, fatto realizzare dall’architetto Cluatius in un momento di grandi difficoltà finanziarie determinate dai divorzi da Terenzia e da Publilia.

La sua proprietà terriera doveva essere quasi un rettangolo con lati lunghi di mt 2000 circa e lati corti di mt 500 circa.
La sua estensione , dalla collina di Acervara fino al mare, corrisponde a circa 400 jugeri romani .

Per secoli si è pensato erroneamente , che la villa ciceroniana fosse stata la ” Real Villa Caposele ” appartenuta ai Reali Borbone dal 1852 al 13 febbraio 1861.
Ma questa villa non contiene alcun sepolcro di epoca romana , non si trova a ” mille passi dal mare “, ne’ , per grandezza, poteva essere chiamata da Cicerone ” Il Formianum “.

Per quante volte Cicerone , nelle sue lettere, ha citato il suo “Formianum” , ben si presta una estensione terriera di circa 100 ettari .

E’ straordinario come ogni tessera di questo storico ” puzzle ” sia al posto giusto, ben raccordato con quanto ci viene riferito da fonti storiche primarie, nonché da quanto ci è stato trasmesso per via orale dai nostri antenati.

Raffaele Capolino