LA VITA DEI NOSTRI AVI NEL CASTELLONE MEDIEVALE
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Con la caduta dell’impero romano d’Occidente , nel 476 d.C., ad opera dei goti, i cittadini di “Formiae” romana, dopo oltre 700 anni di splendore e tranquillità si ritrovarono frequentemente , ad essere aggrediti da eserciti longobardi che raggiungevano i nostri luoghi tramite le strade costruite da Roma .Non mancarono atti di pirateria da parte di popoli saraceni provenienti dal mare.
In questo particolare contesto storico, in cui la nostra città veniva , giorno dopo giorno, spogliata da tutto ciò che l’aveva resa nota e importante nel mondo romano , i nostri avi furono costretti a prendere decisioni diverse:
1 – Una parte , che viveva di attività marinare, decise di rimanere sulla costa e dette origine al borgo di Mola che resterà, per quasi mille anni , sempre legato alle sorti di Gaeta, sia nel periodo del Ducato sia nei periodi successivi in cui Gaeta svolse il ruolo di città capodistretto.
2 – Altri si rifugiarono sulle alture dei nostri Monti Aurunci e così nacquero i borghi collinari di Maranola, Trivio e Castellonorato.
3 – Un buon numero di notabili , assieme al numeroso clero di Castellone con a capo il Vescovo di Formia Giovanni lll, nell’anno 842 si rifugiarono nella sicura Gaeta con i resti sacri mortali del Santo Erasmo che nascosero in un finto pilastro della Chiesa di Santa Maria del Parco , oggi Cattedrale di Gaeta dedicata ai Santi Erasmo, Marciano e Maria Assunta.
Le spoglie mortali di S.Erasmo, che i nostri avi speravano di riportarsele a Formia, furono ritrovate nel 919, dopo quasi un secolo, come ci viene riferito dal Vescovo Bono di Gaeta.
Oggi sono custodite nel Succorpo della Cattedrale di Gaeta.
4 – Altri ancora, decisero di arroccarsi in quella che fu l’arce della “Civitas Romana” ben protetta da mura poligonali .
Quest’ultima situazione darà vita ad un borgo che sarà chiamato “Castellone” semplicemente perché le sue caratteristiche erano quelle di un grande castello .
Inizialmente anche il popolo di Castellone , dal punto di vista amministrativo, fece parte del Ducato di Gaeta dall’876 fino al 1134 , quando fu aggregato al Ducato di Fondi restandovi fino al 1503.
In questo ultimo contesto storico- amministrativo , che durò quasi quattrocento anni, il Conte Onorato I° Caetani, nel 1377, fece erigere la Torre Ottagonale di S.Erasmo.
Questa torre, costruita su una grande porta di epoca romana, assieme ad altre undici torri di forma circolare, fatte erigere sempre da Onorato l °, costituiva un sistema di difesa e di avvistamento necessario per individuare , specie da mare , arrivi indesiderati di popoli saraceni dediti a ruberie e al rastrellamento di schiavi .
Dal 1503 e per altri tre secoli , con un piccolo intervallo in cui il nostro borgo fu dato dal Re Filippo Il di Spagna in feudo al Principe di Stigliano, Castellone ritornò nell’orbita Gaetana.
Nel 1820 , finalmente , il Re delle due Sicilie Ferdinando l di Borbone , decise di accorpare il due borghi di Castellone e Mola per dar vita ad una amministrazione autonoma e così nacque il :
COMUNE DI CASTELLONE E MOLA
con sede comunale a Castellone ex Palazzo Forcina.
Quest’ultima entità amministrativa il 13 marzo del 1862 , durante il Regno d’Italia dei Savoia , divenne:
COMUNE DI FORMIA
Ritorniamo ai nostri antenati che occuparono l’area che oggi chiamiamo Castellone.
È noto che verso la fine dell’800 un gruppo di monaci Benedettini si stabilì a S.M.La Noce dove fu edificato, in breve tempo , una Chiesa e un dormitorio, in pratica un eremo.
L’obiettivo dei Benedettini era quello di realizzare , nell’area del “Borsale ” sul lato occidentale della Chiesa di S.Erasmo, un grande monastero.
Predetto Monastero e la Parrocchia di S.Erasmo saranno in futuro, per i castellonesi, punti di riferimento per qualsiasi problematica di vita quotidiana.
La Chiesa di S.Erasmo è detta di Castellone per la prima volta in una bolla pontificia di Papa Innocenzo ll , datata anno 1143 e diretta a ” Giovanni Abbate del Monastero di S.Erasmo di Castellone “, per cui possiamo ipotizzare che il toponimo Castellone possa essere nato attorno all’anno mille.
A Castellone venne a crearsi una sorta di signoria feudale con una subordinazione verso gli abati “Benedettini ” fino a tutto il quindicesimo secolo e , successivamente, verso i monaci “Olivetani” fino all’avvento dei francesi nel 1799.
Molti castellonesi lavoravano come operai e contadini nella Masseria del Monastero che si sviluppava in tutta l’area del “Borsale”.
Altri erano a servizio di facoltosi proprietari di estensioni terriere per la maggior parte distribuite nelle alture di S.Maria La Noce, Pagnano e Acervara.
Non ci sono testi storici che narrano come si svolgesse la vita dei nostri avi nel periodo che va dall’anno mille fino all’avvento dei “Borbone”.
Ma possiamo immaginare in quali condizioni di vita i castellonesi abbiano trascorso questi lunghi secoli che furono tutti uguali per essere caratterizzati dalla povertà della maggior parte del popolo.
Non mancavano:
– problemi di ordine sanitario
– abitazioni inadatte
– alta percentuale di analfabeti
– morti per ricorrenti epidemie
– diversi periodi di carestie
e soprattutto:
– la costante paura di essere aggrediti, depredati e fatti schiavi da popoli che potevano arrivare sia dal mare, sia attraverso l’Appia Antica.
Per i suddetti motivi la vita dei nostri avi si svolgeva in un grande castello con quattro portoni di accesso quasi sempre chiusi , particolarmente di notte.
Per gli uomini , i rari momenti di riposo e di svago erano quelli trascorsi davanti ad un bicchiere di vino in cantine con gli amici , nelle poche ore subito dopo il tramonto.
Le donne dovevano occuparsi della cura della casa, crescere ed educare i figli, cuocere il pane una volta la settimana, fare il bucato, gestire l’orto dietro la casa dove venivano allevati animali domestici utili per l’alimentazione.
Il somaro ,che era l’unico mezzo di locomozione , sistemato nei locali a pianterreno, in pratica faceva parte del nucleo familiare.
L’attivita’ predominante a Castellone era quindi quella agricola e artigianale .
Ogni famiglia doveva organizzarsi per produrre tutto ciò che poteva servire per i propri bisogni alimentari .
Gli uomini dovevano pensare al lavoro, alla difesa del territorio e alla vita religiosa.
Le donne erano sottomesse prima alle decisioni del padre, poi a quelle del marito.
Per le donne contrarie alle decisioni paterne si aprivano le porte della clausura monacale.
Tra il periodo benedettino e quello olivetano ci fu un intervallo temporale di circa venti anni, in cui fu Abate Commendatario Perpetuo tal Giuliano della Rovere , nipote del Papa Sisto lV ( il papa della Cappella Sistina) che nel 1491 vendette ai Monaci Olivetani il monastero di Castellone per una rendita personale annua di 334 ducati d’oro che capitalizzati corrispondono a circa 700 milioni di euro odierni.
Gli Olivetani pensarono di aver fatto un grande affare, ma presto si resero conto di essere stati truffati da Giuliano Della Rovere che nascose loro le considerevoli morosità dei Castellonesi nei confronti del Monastero per i numerosissimi terreni concessi in enfiteusi.
Tant’e’ che gli Olivetani, nel 1497 , sollecitarono il Papa Alessandro Vl ( Papa Borgia ) ad emettere con bolla papale una minaccia di scomunica per chi non avesse sistemato entro pochi giorni i suoi debiti verso gli Olivetani .
Poi successe che Papa Borgia morì , e gli subentrò lo stesso Giuliano della Rovere che prese il nome di Papa Giulio ll , il papa che si scontro’ piu volte con Michelangelo.
Le morosità dei Castellonesi non furono mai sistemate fino a quando nel 1806 i francesi soppressero gli ordini monastici con grandi proprietà.
Il Monastero di Castellone cessò di funzionare e delle morosità non se ne parlo’ più.
La Chiesa di S.Maria del Forno, oggi Chiesa di S.Anna al centro del borgo murato , svolse un ruolo importante per i castellonesi essendo l’unica Chiesa all’interno dell’area perimetrale protetta da mura e torri.
Da tre censimenti, sappiamo che nel 1658 a Castellone vi erano 1200 anime, nel 1669 circa 1360 e nel 1736 precisamente 1927.
In meno di un secolo la popolazione aumentò del 60 %.
La progressiva crescita della popolazione ci fa capire che, nonostante tutte le difficoltà esistenziali, i castellonesi bene appresero l’arte di arrangiarsi e adeguarsi.
Nella Chiesa di S.Maria del Forno era custodito il Santissimo Sacramento e l’Olio Santo per l’estrema unzione per chi di notte fosse stato in punto di morire , non potendo ricorrere al Parroco che viveva fuori le mura del castello.
Su questa Chiesa c’è una interessante relazione di Don Antonio Forcina , parroco dal 1919 per circa cinquant’anni a cavallo del periodo bellico.
In suddetto scritto e’ riportato che la Chiesa di S.Maria del Forno, fu eretta prima dell’anno mille ed è stata, in pratica , la prima Chiesa Parrocchiale di Formia.
La stessa Chiesa, ci riferisce ancora Don Antonio Forcina: ” si ritiene sia stata edificata sulle rovine dell’antica arce romana, su un fabbricato romano, probabilmente un tempio pagano”.
Gli occupanti francesi del 1799 trovarono predetta Chiesa già chiamata con il titolo di S.Anna , protettrice delle partorienti.
In questa Chiesa avvennero diversi episodi curiosi, riportati da Roberto Frecentese nei suoi testi per averli riscontrati nelle sue ricerche e nella lettura di antichi documenti.
L’episodio più interessante è quello della trentaquattrenne Rosolina Capolino , avvenuto il 14 luglio del 1721, esattamente trecento anni fa.
Nel momento della celebrazione eucaristica , officiante il prete settantaseienne Carlo Lanzamano, Rosolina Capolino e altre donne del rione rimasero in piedi, forse anche perché la piccola Chiesa era piena di gente e all’ingresso non erano disponibili inginocchiatoi, mentre tutti gli altri arrivati prima erano inginocchiati come era d’uso.
Il sacerdote celebrante, sdegnato e con voce alta , ordinò loro di inginocchiarsi, per cui tutte obbedirono tranne Rosolina che rimase in piedi.
Ciò che provocò ulteriore ira del celebrante che ,con linguaggio sferzante e termini offensivi, davanti a tutti i presenti, ribadi’ di nuovo l’ordine alla giovane.
Ma Rosolina non si turbo’ per le offese , e rimase in piedi.
Al termine del rito celebrativo , fuori la Chiesa di S.Maria del Forno , Rosolina spiegò ad alcune sue amiche che non poteva inginocchiarsi per il semplice fatto di essere incinta di sette mesi.
Deve esserci stata qualche parola di troppo riguardante il sacerdote che , stando nei paraggi, ebbe modo di ascoltare le giustificazioni della giovane donna.
La reazione del sacerdote fu quella di strattonare con violenza più volte Rosolina arrivando a strapparle dal capo il ” muccaturo” e a darle finanche uno schiaffo.
Rosolina , affrontò con coraggio il prelato rinfacciandogli che qualunque altro prete mai avrebbe approfittato della sua funzione per insultare e mettere le mani addosso ad una donna incinta.
Dopodiché , Rosolina usci’ di corsa dal Castellone e andò a raccontare quanto successo al Parroco di S.Erasmo che redargui’ pesantemente il Lanzamano , riferendo il tutto al “Vicario Vescovile” .
Il processo di primo grado , istruito con rapidità , avvenne il 17 luglio del 1721 e si concluse con la condanna del sacerdote che fu incarcerato l’11 ottobre dello stesso anno e sospeso ‘ad divinis’ per cinque mesi
Su richiesta del condannato il carcere divenne ” domiciliare ” dal 22 novembre successivo.
Nel giudizio di secondo grado celebrato il 18 maggio del 1722 nella Curia di Gaeta, Rosolina non si presento’ ed il Lanzamano , supportato dalle benevoli testimonianze di tre donne anziane ( Vittoria Arpante, Maria Miele e Vittoria Palumbo) , venne assolto con ribaltamento dell’iniziale condanna e con la censura della Capolino che dovette ingiustamente subire una sorta di miniscomunica .
Del resto, in quel contesto storico di “Chiesa maschilista ” , come direbbe oggi Papa Francesco , non poteva venir fuori un verdetto diverso.
Dalle mie ricerche all’Archivio della Chiesa di S Erasmo, risulta che Rosolina , nata il 25 maggio del 1687, era figlia di Angelo Capolino e Caterina Trinca .
Aveva sposato il 6 febbraio del 1714 Francesco Nasta , anch’egli di Castellone, il primo ottobre del 1721, e a circa due mesi dall’episodio con il Lanzamano, partorì una bambina alla quale impose il nome: Maria Santa .
La piccola Maria Santa morì a quasi un anno di età e a pochi giorni dalla data del processo di secondo grado.
Forse per questo grave lutto , Rosolina non potette essere presente al processo di 2° grado.
Rosolina partorì la prima figlia dopo sette dal matrimonio con Francesco Nasta.
In questo lasso di tempo chissà quante volte sarà entrata nella Chiesetta di S.Maria del Forno a pregare perché potesse partorire felicemente e al più presto con l’aiuto di S. Anna protettrice delle partorienti !!!!!
Il papà di Rosolina si chiamava come mio padre e mio figlio, un nome ricorrente nell’albero genealogico della mia famiglia.
In effetti il papà di Rosolina , Angelo Tommaso Antonio Capolino nato il 29 agosto del 1647, prima della nascita di Rosolina , ebbe nel 1670 un figlio maschio chiamato Luca Antonio , un mio avo di decima generazione, come evidenziato nel mio albero genealogico ricostruito con l’aiuto di Don Antonio Punzo e Daniele Iadicicco.
Nello “Status Animarum” del 15 maggio 1724 , compilato dal curato di S.Erasmo D. Paolo Maria Arigoni è scritto che:
” Rosolina ed il marito Francesco Nasta dimorano in Castellone sulla strada che conduce alla torre ottagona edificata da Onorato l Caetani ed hanno una figliola in tenera età di nome Angela ,in ricordo del padre della Capolino”
Quindi la Rosolina ebbe , successivamente ai fatti sopra narrati, un secondo parto con la nascita di Angela, e rinnovò il nome del suo papà e del mio avo .
Avrete certamente capito perché, fra tanti racconti riguardanti la Chiesa di S.Maria del Forno, ho scelto di farvi conoscere questo episodio in cui fu protagonista Rosolina Capolino.
Una giovane donna che dimostrò tutto il suo coraggio in un mondo feudale maschilista, con un atto di pura fierezza femminile.
Potremmo considerare Rosolina Capolino una :
FEMMINISTA DI CASTELLONE
“ANTE LITTERAM”
per avere , ben tre secoli fa, precorso i tempi per un movimento femminile , che ancora oggi è in atto a pretendere la piena parità di diritti con l’altro genere.
Ho il dovere di aggiungere che su questo periodo storico di Castellone medievale, già altri amici più eruditi di me hanno fatto ricerche e hanno scritto numerosi e interessanti testi che io ho consultato per poter scrivere questo mio modesto scritto, per cui ritengo sia giusto citare:
Don Antonio Punzo , Maurizio Liberace, Annibale Mansillo, Antonio Miele, Pompea Carnara e
Roberto Frecentese.
Tutti questi amici hanno , altresi’, contribuito a realizzare l’Archivio Storico della Chiesa di S.Erasmo, una struttura preziosa per ricostruire la storia di Formia , in particolare quella di Castellone.
Raffaele Capolino