LA STORIA DELLO  “CHALET ” DELLA VILLA COMUNALE DI FORMIA COSTRUITO DA GAETANO GRASSO NEL 1898.

LA STORIA DELLO  “CHALET ” DELLA VILLA COMUNALE DI FORMIA COSTRUITO DA GAETANO GRASSO NEL 1898.
Fonti documentali:Archivio storico Comune di Formia

Il 5 febbraio 1898 , pochi anni dopo la costruzione del primo tratto di Via Vitruvio da Largo Paone a Piazza della Vittoria,  l’imprenditore di Formia,  Gaetano Grasso ebbe  in appalto dal Comune di Formia la costruzione di uno Chalet o Salone di intrattenimento in un angolo della Villa Comunale su Via Vitruvio,   progettato dai tecnici dello stesso Comune, per una somma preventivata di Lire 12.871,67=.

Il Sindaco di quel periodo fu Pasquale Sorreca e la progettazione della “Chalet” fu affidata all’ing. Francesco Sagnelli originario di SM Capua Vetere .

Il 7 dello stesso mese fu consegnato il suolo dove edificare l’opera e  il costruttore si mise immediatamente al lavoro con un sostanzioso  numero di operai e collaboratori.

Dopo appena un mese , e  senza avviso al costruttore, il  Comune cambiò il progetto con appropriate e considerevoli modifiche  destinate alla realizzazione non di un Salone di intrattenimento, ma di un vero e proprio teatro dandone notizia  ai cittadini con appositi  e pubblici manifesti.

Il Grasso ,  pur senza mai incassare una lira alla fine del mese di agosto dello stesso anno terminò i lavori di realizzazione del Teatro secondo le sopravvenute modifiche e fu collaudato nell’aprile del 1900 dall’ing. Albino Giovanni.

Quando presentò il conto finale,  ovviamente maggiorato per le opere  eseguite in più ,  il Comune si rifiutò di saldare il conto contestando l’importo richiesto.

Il costruttore fu costretto ad aprire una vertenza legale con il Comune  citandolo in giudizio e ottenendo due condanne favorevoli  sia in primo grado dal Tribunale di Cassino  sia in secondo e ultimo grado dalla Corte d’Appello di Napoli che condannarono il Comune di Formia a corrispondere la somma totale di Lire 27.725,08 comprensiva anche  di  interessi di mora per lire 3.482,45.

Mi sembra una storia dei nostri giorni  se non fosse per la velocità di esecuzione dell’opera appaltata  ( meno di sette mesi) e per la rapidità in cui furono emesse le  due sentenze che  si completarono  e divennero  esecutive a giugno del 1902 dopo appena quattro anni  dall’inizio della lite che vide vincente e  soddisfatto il costruttore Gaetano Grasso che realizzò anche uno dei primi palazzi monumentali di Formia sul corso principale di Via Vitruvio, proprio di fronte al Teatro da lui stesso costruito.

Il figlio di  Gaetano Grasso ,  Annibale impresario edile  come il padre, è citato nell’Epitaffio di largo Paone come costruttore  di tutte le opere  finanziate da Domenico Paone nel 1928  quando furono realizzati   il rinforzo del molo , l’esedra e  l’ampliamento della banchina.

Il Teatro  realizzato da Gaetano Grasso, inaugurato nel 1900 fu  utilizzato per spettacoli di varietà e riunioni culturali ed era dotato di 250 posti a sedere più alcuni palchetti sui lati della sala. Purtroppo non fu fortunato perché nell’ultimo evento bellico fu distrutto  quasi totalmente.

Le sue  macerie rimasero  visibili fino a tutti gli anni sessanta dello scorso secolo quando il Comune negozio’ una permuta con il Banco di Napoli che si impegnò a costruire per sé la sua sede bancaria di Formia al piano terra e per il Comune  una Biblioteca al primo piano.

Ricordo che prima di questa operazione il Banco di Napoli era ospitato al piano terra dell’edificio Comunale con entrata da Piazzetta Municipio.  All’interno degli uffici bancari erano esposti  reperti archeologici  come statue , basi onorarie ed altro che non si sapeva dove custodire per via dei  tantissimi edifici pubblici andati  distrutti nel corso degli eventi bellici.

Al Banco di Napoli subentrò, una ventina di anni fa, l’Istituto bancario ” Intesa San Paolo ”  che occupa adesso i locali rivenienti dalla predetta permuta.

Raffaele Capolino

L’ACQUEDOTTO ROMANO DI MOLA , A FORMIA , OTTANT’ANNI FA.

L’ACQUEDOTTO ROMANO DI MOLA , A FORMIA , OTTANT’ANNI FA.
Il restauro del 1934 prevedeva il ripristino della sua funzione. Artefici: Felice Tonetti, Amedeo Maiuri e l’ing. Guido Liberace di Formia

Il 15 settembre del 1934, XII E.F., il Podestà di Formia Felice Tonetti , assistito dal Segretario Capo del Comune Dott. Francesco Renato Ingrao ( padre dell’On.le Pietro Ingrao ) , scrive di questo sito archeologico romano ” costituito da n. 25 pilastri a pianta rettangolare di mt 1, 50 x 1,62 ed alti in media mt. 3.55 fino al piano d’imposta degli archi , a tutto sesto , dello spessore di cm. 48 “.

Ne aveva già informato la Soprintendenza di Napoli chiedendo un contributo per un suo restauro il cui progetto , elaborato dall’Ing. Guido Liberace di Formia , prevedeva una spesa di Lire 43.000 + Lire 860 di onorari per la progettazione e direzione dei lavori a cura dello stesso tecnico.

Il Soprintendente alle Antichità della Campania e del Molise, Dr. Amedeo Maiuri , favorevole all’iniziativa, aveva già preannunciato ” un contributo di Lire 10.000 per cui iniziarono i lavori per :

” Il restauro dell’acquedotto Romano esistente in Formia , nell’orto Rubino, Contrada Maiorino, e per il funzionamento di esso acquedotto , allacciandosi alle sorgenti Mazzoccolo.”

La Sorgente” Mazzoccolo” venne collegata ad un ” ripartitore ” che oltre a servire l’acquedotto civico, con due canali alimentava la cascata di Via della Forma, e con un terzo canale, confluente in una tubazione in cemento lunga ml. 150, andava ad immettersi in un pozzetto connesso alla plurisecolare struttura romana che avrebbe così ripreso la sua originaria funzione.

Un’altra sorgente della zona, anche se più piccola e denominata “Nucci ” , serviva a soddisfare le esigenze idriche del vicino giardino con abitazione dei ” Filosa” .

Purtroppo gli eventi bellici successivi , le scelte scellerate del primo dopoguerra ( abbattimento di quindici arcate per creare spazio ad un Pastificio) e il persistente disinteresse amministrativo di tutti i sindaci che seguirono , hanno determinato lo stato pietoso attuale di questo sito archeologico che sta scomparendo giorno dopo giorno, assieme ad altri.

Dagli atti rinvenuti nell’Archivio Storico di Formia non si comprende bene se questo progetto fu realizzato oppure rimase inevaso in un cassetto.

Di certo il Podestà Tonetti autorizzo’ il pagamento della parcella, emessa ” per progettazione e direzione dei lavori ” , con firma sotto la frase ” Va bene”, in data 15 agosto 1934 anno XII E.F.

Se c’è stata la “direzione dei lavori ” è da ritenersi che la struttura di epoca romana , ora in evidente dissesto statico , deve aver ripreso, anche se per alcuni anni nel periodo prebellico, la sua originaria funzione negli anni trenta dello scorso secolo, grazie alla volontà e alla passione di un instancabile Podestà di Formia : Cav. Felice Tonetti.

Raffaele Capolino

CAVALIERI FORMIANI NELLA BATTAGLIA DI CANNE DEL 216 a.C. , TRA ROMANI E L’ESERCITO DI ANNIBALE

CAVALIERI FORMIANI NELLA BATTAGLIA DI CANNE DEL 216 a.C. , TRA ROMANI E L’ESERCITO DI ANNIBALE

Formia , assieme a Fondi , aveva ottenuto nel 338 a.C. la ” Civitas Sine Suffragio” ossia la cittadinanza romana ma senza diritto di voto. Formiae otterra’ la piena cittadinanza nel 188 a.C. ( forse anche per quello che sto per raccontare) e diverrà “Colonia Aelia Hadriana Augusta Formiae ” sotto l’imperatore Adriano.

Ma torniamo al periodo repubblicano quando in forza di questa situazione di comunità alleata , Formia e tutte le città rientranti nella sfera della nascente potenza romana, erano tenute a fornire truppe all’esercito romano come successe nel corso della seconda guerra Punica contro l’esercito cartaginese agli ordini di Annibale.

Nella battaglia di Canne in Puglia, avvenuta il 2 agosto dell’anno 216 a.C., tra le truppe romane vi erano reparti di Cavalleria provenienti dalla Città di Formia e di Teano.

Queste forze, probabilmente riunite in un unico distaccamento, parteciparono con attendenti schiavi alla battaglia di Canne.

Ne troviamo conferma nella Storia di Roma scritta da Tito Livio di cui riporto uno stralcio:

Così narra il più grande scrittore “Storico” di Roma Tito Livio nel suo ventiduesimo libro al paragrafo quarantadue in una fase antecedente di qualche giorno alla battaglia di Canne che rappresentò per Roma la più grande sconfitta militare della sua storia.

( T.Livio libro 22,42,11)

” …… Il caso volle che due schiavi – uno di un cavaliere di Formia, l ‘altro di un cavaliere sidicino ( di Teano) – i quali , durante il consolato di Servilio e Atilio erano stati catturati dai Numidi mentre cercavano foraggi , riuscissero a fuggire e a tornare dai loro padroni. Portati davanti ai consoli, rivelano che tutto l’esercito di Annibale si trova al di là delle vicine alture pronto a far scattare la trappola”

Le notizie ricevute da questi due schiavi, di cui uno attendente di un cavaliere Formiano, sulle posizioni numide, riuscirono a dare un provvisorio vantaggio ai Romani che furono però infine clamorosamente battuti da Annibale pur disponendo, quest’ultimo , di un esercito numericamente inferiore.

Fu così che nella battaglia di Canne del 216 a.C., dove i romani subirono la perdita di 40.000 uomini, riportarono la sconfitta e andarono incontro alla morte anche nostri antenati di Formiae romana.

Da quel giorno sono trascorsi esattamente 2.237 anni che rappresentano solo una parte della plurimillenaria e straordinaria Storia di Formia.

Raffaele Capolino

PROGETTO DEL CINEMA TEATRO ” CAPOSELE” IN PIAZZA MATTEI – FORMIA

PROGETTO DEL CINEMA TEATRO ” CAPOSELE” IN PIAZZA MATTEI – FORMIA
Quanti ricordi del Cinema-Teatro Caposele.!!!

Il progetto del 1947 presentato da Francesco Rubino, fu realizzato dall’impresa Gaetano Sotis firmataria degli elaborati.

A quei tempi era l’unico teatro e la prima sala cinematografica del dopoguerra.
Una struttura bellissima e funzionale , costituita da una platea e da una galleria, che poteva contenere 680 persone come è riportato nel progetto.

Nel 1956 , Giuseppe Rubino fece richiesta di apporre una ” plancia” di m.2.85 x 2.10 sul prospetto del palazzo comunale tra il n. 11 ( centralino telefonico) e l’ingresso del Comune di Formia.

La richiesta pur vista benevolmente all’inizio , non fu accolta .
La ” plancia ” , che pubblicizzava gli spettacoli, fu sistemata al bordo di Piazza della Vittoria angolo Grand Hotel, su Via Vitruvio .

Negli anni ’50 del secolo scorso, si potevano contare sulle dita di una mano gli edifici tra Piazza della Vittoria e il Cinema Caposele di Piazza Mattei.

Quando il Cinema-Teatro Caposele fu demolito per far posto ad un edificio per abitazioni e uffici, secondo voci correnti, furono rinvenute numerose tracce e reperti di epoca romana.

Purtroppo , nessuno le ha viste e nessuno sa che fine abbiano fatto.

Fonti: Archivio Storico di Formia

Raffaele Capolino

IL “MACCARONARO”Un mestiere tipico di Formia dell’800

IL “MACCARONARO”
Un mestiere tipico di Formia dell’800

Il “maccaronaro” era sia il produttore di pasta sia il rivenditore che di solito svolgeva il suo lavoro per strada, oppure nelle vicinanze di un suo piccolo locale-laboratorio.

Per “maccarone” si intendeva un tipo di pasta prodotta artigianalmente con una trafila, ma il termine era usato per quasi tutti i tipi di pasta , anche per gli spaghetti.

Ritroviamo questo antico mestiere in questa attestazione di morte di Donna Carolina Merola , madre naturale di Pasquale Mattej, vedova di Simone Mattej, risposata con Salvatore Scognamiglio, il cui vero cognome era Scognamillo.

Come testimone : Saverio Ardia di Mola, di anni settanta e domiciliato a Mola, di professione :

              Maccaronaro

Siamo nel 1828, precisamente il 21 di novembre, alle ore venti.
Il sindaco del Comune di Castellone e Mola era Giuseppe Rasile Roscio.

Da questo documento sappiamo anche che Carolina Merola era nata a Napoli, figlia di Don Vincenzo e Donna Teresa Miggiarra di Napoli.

Tra i vari soprannomi in uso a Castellone di Formia troviamo anche : Maccarone.
Forse riveniente dall’attività svolta dalla persona .

Raffaele Capolino

PAOLO SIMEONE detto ” Mastuppaul’ “

PAOLO SIMEONE detto ” Mastuppaul’ “
Un episodio avvenuto nel 1937 e documentato
all’Archivio Storico di Formia ” Franco Miele’

Il 28 giugno del 1937 Simeone Paolo, ritenendosi vittima di una vessazione da parte dei vigili urbani di Formia si rivolse direttamente al Podestà Felice Tonetti , con una lettera dattiloscritta da altra persona, per chiedere di essere aiutato.

Per il suo lavoro di carpentiere di barche , il mastro d’ascia Simeone Paolo aveva occupato con i suoi legnami 30 mq della Piazza di Marina di Castellone per cui :

” sono venuti gli agenti del posteggio a richiedergli il pagamento di detta tassa per il suolo che occupa col suddetto legname , tassa che non si trova assolutamente in condizioni di poter pagare.
La S. V. Ill. ma voglia pertanto dare disposizioni affinché il sottoscritto venga lasciato pace. “

In pratica il Simeone chiese al Podestà Felice Tonetti di annullare il verbale emesso dai vigili e ” il permesso di poter mettere temporaneamente il legname in fusto che è costretto a comprare per il suo mestiere , in un angolo prospiciente alla sua bottega , fino a che non lo sega per lavorarlo “.

Simeone Paolo aveva in quegli anni ” una misera bottega ( in un magazzino diroccato e piccolo) al Largo Marina N. 10 ” .

Successivamente nacquero i Cantieri navali di Simeone Paolo a Marina di Castellone , dove lavorarono diversi ” mastri d’ascia ” oggi titolari di proprie attività come i Fratelli Scipione, Pasquale Zottola , Benito Di Paola ed altri .

Gli stessi odierni ” Cantieri Scipione” rappresentano in pratica la continuazione dell’attività cantieristica iniziata da Paolo Simeone .

Nella parte posteriore della lettera c’è la verbalizzazione del 23 luglio 1937 redatta a mano da un vigile a confermare quanto scritto dal nostro concittadino Paolo Simeone da tutti chiamato ” Mastuppaul’ ” .

Questo evento può essere considerato l’atto di nascita delle attività cantieristiche di Largo Marina di Castellone a Formia .

Raffaele Capolino

REPERTI ARCHEOLOGICI RINVENUTI , NEL 1920 A FORMIA, NEL GIARDINO SORRECA/NARDONE

REPERTI ARCHEOLOGICI RINVENUTI , NEL 1920 A FORMIA, NEL GIARDINO SORRECA/NARDONE

Le prime cinque immagini in bianco e nero ( Foto Losacco) sono inerenti al ritrovamento, di due statue di dimensioni superiori al vero ,avvenuto un secolo fa mentre veniva realizzato il nuovo tratto di Via Vitruvio , dalla Piazza della Vittoria al Ponte di Rialto.

Fu interessata la Soprintendenza Archeologica e Belle Arti di Napoli e lo scavo fu affidato all’archeologo Salvatore Aurigemma ( 1885 – 1964 ).

Dopo i primi due ritrovamenti, furono estratte altre statue e numerosi altri reperti tant’è che non fu possibile, per la città di Formia , trovare un adeguato locale per la loro conservazione ed esposizione al pubblico.

Fu così deciso di trasferire tutto ciò che era stato rinvenuto al Museo Archeologico Nazionale di Napoli dove rimasero per circa settanta anni fino al 1997.

L’ultima statua fu rinvenuta in due momenti diversi e in due luoghi diversi sempre a Formia.
La testa fu trovata nel 1920 nel giardino Sorreca/Nardone, il resto della statua venne alla luce nel 1970 , durante i lavori di sterro per un caseggiato a pochi metri dal luogo di ritrovamento della testa.
Le due parti combaciavano perfettamente.

Attualmente tutti i reperti , adeguatamente restaurati, sono visibili nel nostro Museo Archeologico Nazionale di Formia.

Nel Museo Archeologico di Napoli sono comunque ancora presenti reperti rinvenuti in altri periodi :

  • Il Vaso di Salpione ( Tazza di Bacco)
  • Le due Nereidi su pistrici
  • Statua di Apollo
  • Il mosaico di Teseo e il Minotauro
  • Torso virile clamidato
  • Statuetta in nudità eroica
  • Statuetta di Attis
  • Statuetta di Afrodite
    -Torso di Sileno
  • L’epigrafe dell’imperatore Settimio Severo contenente la menzione : “COLONIA AELIA HADRIANA AUGUSTA FORMIAE “
  • ed altre epigrafi

Raffaele Capolino

BANCA POPOLARE COOPERATIVA DI FORMIA

BANCA POPOLARE COOPERATIVA DI FORMIA

Fu la prima banca di Formia che ha operato di sicuro dal 1889 al 1912 .

Nel 1889 questo era il suo organigramma aziendale:
PRESIDENTE : Mario Nucci
DIRETTORE: Raffaele Colavolpe
CONTABILE: Alberto Forcina
COLLEGIO DEI SINDACI: Achille Cresci, Giovanni Costa, Pasquale Recco, Leonardo Guerriero.
CONSIGLIERI: Innocenzo Spiritigliozzi
Antonio Paone
Luigi Merenda
Giovanni Paone
Benedetto Forcina
Pasquale Testa
In aggiunta a questi nominativi risultavano altri 116 soci che ritengo siano stati tutti nostri concittadini.

Dal 1890 al 1912 il Presidente fu Angelo Miele, forse subentrato come socio maggioritario.
Per effetto di questa lunga presidenza la banca era conosciuta dai formiani come ” Banca Miele “.

L’attività bancaria non ebbe buona fortuna né lunga vita , dato che nel 1912, precisamente il 25 di gennaio, fu convocata l’assemblea dei soci per:

  • Scioglimento della società
  • Passaggio allo stato di liquidazione
  • Nomina dei liquidatori e dei sindaci.

I fatti fanno pensare che la Banca Popolare Cooperativa di Formia sia fallita per cattiva gestione, avendo concesso prestiti senza acquisizione di idonee garanzie.

Di certo questa banca locale deve aver avuto un ruolo importante nella concessione di crediti utilizzati per la costruzione di importanti fabbricati in Via Vitruvio e nel tratto che ora è chiamato: Via Lavanga.

Per ulteriore informativa , in aggiunta alla banca locale sopra menzionata, in quel periodo a Formia era presente un’altra banca locale detta ” Banco di Sconto ” ed una agenzia della Banca Laziale di Roma.

Un tassello di storia formiana di cui molti non erano a conoscenza.

Raffaele Capolino

FORMIA NEI CINQUE  EPISODI PIÙ IMPORTANTI DELLA VITA DI MARCO TULLIO CICERONE

FORMIA NEI CINQUE  EPISODI PIÙ IMPORTANTI DELLA VITA DI MARCO TULLIO CICERONE

Questi cinque eventi storici si verificarono nel 58  –  49  –  45  –   43  ac .
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1) Nel 58 ac Cicerone fu condannato all’esilio per una legge penale retroattiva fatta votare dal Senato e  presentata da Publio Clodio Pulcro ,dietro  istigazione di Caio Giulio Cesare.

Cicerone , per  aver denunciato la congiura di Catilina , fu appellato dal Senato ” Pater Patriae”.

In realtà Catilina  fu  una pedina  manovrata da Crasso e Cesare che aspiravano , con la preventiva destabilizzazione  del  Senato, al potere assoluto di Roma.

Anche verso  Clodio , Cicerone manifestò la sua avversione , sapendolo uomo di Cesare.

Durante l’esilio di Cicerone la  sua villa di Formia fu espropriata e distrutta quasi  interamente su disposizione del Senato.
Con il ritorno di Cicerone nell’anno successivo, perché ritenuto  ingiustamente condannato, la villa di Formia fu ricostruita  dall’Oratore con 250.000 sesterzi  riconosciuti dallo stesso Senato.
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2) Nel 49 ac  , precisamente  il 28/3 , Cicerone ricevette a Forma la visita di Cesare che ritornava da Brindisi nel suo inseguimento di Pompeo che, impaurito da  Cesare  quando attraversò  il Rubicone con una sola legione,  aveva abbandonato Roma per ripararsi in Grecia  per prepararsi  ad una guerra civile dopo aver allestito un adeguato numero di legioni.

Cesare voleva l’appoggio del più illustre e più carismatico dei Senatori i quali,  in maggioranza , avevano abbandonato Roma  su consiglio di Pompeo

Per chiedere l’aiuto di Cicerone  ,  Cesare si fermò a Formia nella  sua villa.
Ma Cicerone ebbe il coraggio  quel giorno a Formia di dire ” NO ” all’uomo   che lo avrebbe voluto a Roma  come suo consigliere.

Sappiamo dal contenuto delle sue lettere che Cicerone si fidava più di Pompeo che di Cesare e che in quei frangenti di guerra civile tra Cesare e Pompeo,  Cicerone  aveva optato per stare dalla parte di Pompeo anche se non aveva approvato la sua fuga da Roma.
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3) Nel 45 ac   Cicerone, sempre a Formia , ospitò il Dittatore Cesare  e la sua scorta di duemila pretoriani in una visita ufficiale di ostentazione del suo potere.
Preventivamente si era fermato dalla sua nipote Azia, madre di Ottaviano, sposata con Marco Filippo e residenti in una Villa nel Formianum che coincide con l’attuale Villa Irlanda a Vindicio.
Fu in quella occasione che Cicerone informò  Cesare della morte del suo amico  e cittadino di Formia Mamurra avvenuta qualche mese prima.
Questo evento ci perviene  narrato da Erasmo Gesualdo ma sembrerebbe più probabile che l’evento  sia avvenuto, invece , nella villa ciceroniana di Pozzuoli.

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4) Un altro momento importante della vita di Cicerone deve essere stato quando nel 45 a.C. prese la decisione di far costruire a Formia , in un luogo dominante  della sua proprietà, il sepolcro della sua figlia Tulliola morta a seguito  di parto a 33 anni.
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5) Nel 43 ac ,precisamente nei mesi di novembre e dicembre, Cicerone dalla sua villa di Formia seguì   con ansia e preoccupazione gli accordi a Bologna tra  i triumviri Ottaviano, Marco Antonio e Marco Emilio Lepido, che dovevano decidere la sua sorte e quella  dei ” cesaricidi”.
Cicerone confidava nell’amicizia di Ottaviano e di  Marco Emilio Lepido,  i quali  però non riuscirono a frenare lo spirito vendicativo di Marco Antonio , contrariato dalle  quattordici Filippiche miranti anche a difendere i diritti di Ottaviano come unico erede di Cesare.

Ottaviano e Lepido erano  inizialmente riusciti a limitare il destino di Cicerone ad una condanna  per un esilio perpetuo.
Marco Antonio riuscì  tuttavia , in extremis , a fare  apporre il nome di Cicerone in testa alla lista di proscrizione  dei condannati a morte e  dopo  il suo assassinio  a Formia il 7 dicembre  del 43ac, ebbe la macabra  soddisfazione assieme a sua moglie Fulvia ( vedova di Publio Clodio) di avere a Roma , tra le mani  e nella sua dimora , la testa del grande oratore.
Si racconta che Fulvia punzecchio’ piu’ volte la lingua dell’Oratore con uno spillone per capelli.
Cicerone fu decapitato nella sua Villa  di Formia , mentre cercava di fuggire per andare in Macedonia in ossequio alla  iniziale  condanna all’esilio perpetuo  comunicatogli qualche giorno prima.
Gli autori di questo orrendo delitto furono i killer di Marcantonio : Erennio e Popilio , quest’ultimo difeso in passato  dallo stesso Cicerone ,  in  una causa penale di “parricidio” .

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La prima delle tre  foto è la testa di Cicerone trovata a Formia , poi trafugata dal Museo locale e non più recuperata.
Da notare la straordinaria somiglianza alla seconda foto di un busto di Cicerone. 

Raffaele Capolino