IL MERAVIGLIOSO TRICLINIO ROMANO DI VINDICIO A FORMIA
Una pagina inedita della storia romana della nostra città.
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Fu rinvenuto negli anni ’20 del secolo scorso sul litorale di Vindicio in una proprietà appartenuta ad Alessandro Amoroso, divenuta poi proprietà del Cav. Uff. Giovanni Nutini
Gli scavi, eseguiti da Giovanni Spano( 1871 – 1963) – direttore degli scavi di Pompei e professore di antichità pompeiane all’Università di Napoli – portarono alla luce un triclinio riscaldato, confermato dalle strutture “suspensurae” rinvenute, composto da un ambiente rettangolare di Mt 12.30 x 7.00, con abside-ninfeo su lato piccolo disposto ad est.
Le mura , del periodo tardo-repubblicano, avevano uno spessore di mt 0,70 , realizzate in opera incerta di tufo giallo e malta, erano scandite da rientranze decorate da un rivestimento in lastre marmoree di altezza cm 20.
Il triclinio, aperto per il lato lungo a meridione, era stato progettato per avere a vista, mentre si mangiava, l’isola di Pithecussae ( Ischia).
I lavori di costruzione della domus iniziarono nella metà dell’ultimo sec. a.C., cioè nel periodo di Cicerone, Mamurra e Vitruvio, personaggi legati alla città romana di Formiae.
Da storici antichi sappiamo che Mamurra , dopo le guerre galliche, era diventato proprietario di cave di marmi a Luni ( oggi Carrara) e il marmo lunense fu utilizzato per primo da Mamurra nelle sue numerose domus di proprietà.
A Formia, una parte del vasto agro del Mamurrano, è conosciuta ancora oggi con il toponimo :Fontana Luni
Riferimento a marmi lunensi di ” mamurriana ” memoria ?? Chissà!!!
Il pavimento, realizzato in “suspensurae” per il riscaldamento termale, era impreziosito di tessere marmoree di varie grandezze.
Fu sentito anche il parere di Luigi Iacono – colui che studio’ la piscina natatoria ” Dulcis” di Nerva – che la paragono’ a strutture simili da lui viste nell’area flegrea , per godere la visione delle isole partenopee e del Vesuvio.
I primi studiosi , dall’uso abnorme di marmi , hanno pensato che la domus fosse stata realizzata da Mamurra, arricchitosi con le guerre galliche e britanniche al fianco di Giulio Cesare.
Ma i toponimi “mamurrani” e l’epigrafi rinvenute nell’area orientale di Formia, escludono questa ipotesi formulata.
Nel primo secolo d.C. la grande villa subì opere di miglioramento, il pavimento fu sollevato di mt 1,10, forse per avere una migliore e più ampia visione panoramica, e il triclinio, inizialmente rivestito di lastre marmoree e pregiate tessere, fu rivestito da un cementizio a base fittile.
Le pareti e la parte absidata rimase rivestita di marmo alto cm 20.
Così è scritto nella relazione di Giuseppe Spano:
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“…..Il salone era di somma eleganza. Se nulla della decorazione del pavimento, molto, al contrario, si può dire di quella delle pareti. Nel mezzi di quella settentrionale e della parte stretta cioè opposta al vano d’ingresso, evvi una rientranza larga più o meno due metri, della quale , avanzando della parete solo la parte inferiore, non è basato conoscere quale sia stata l’altezza.
Una rientranza analoga si osserva nella parte media e una terza nella estremità destra della parte occidentale…………….
Le pareti di questa sala erano decorate così come quelle che nelle città ellenistiche, soprattutto in Antiochia su l’Oronte, porsero ai pittori decoratori i modelli dei dei cosiddetti primo e secondo stile della pittura decorativa parietale ellenistico-romana .
Presso la fontana del ninfeo a forma di abside , fu trovata una testa marmorea di Athena, già parte di una statua. ”
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Giuseppe Spano ipotizza anche la presenza di una ” piscinae ” per allevamento pesci che forse oggi non è più visibile per effetto dell’innalzamento del livello del mare di circa mt 1,50 negli ultimi duemila anni, cosa su cui concordano molti esperti del settore.
Insomma , mi è capitato la fortuna di poter leggere una entusiasmante relazione di dieci fittissime pagine che , certamente , non può essere condensata in poche righe.
Di questa domus e del suo stupendo triclinio, purtroppo, si sono perse le tracce.
Forse è ancora al disotto di una moderna costruzione nel tratto orientale del litorale di Vindicio a Formia.
In proposito rammento un mio articolo di diversi anni fa riguardante un tale che, pressappoco nello stesso luogo del triclinio a Vendicio, nel 1937 trovò nel suo terreno tantissimi tasselli marmorei di diverse forme e varietà , per cui arrivò alla conclusione di aver individuato un laboratorio di epoca romana per la lavorazione dei marmi.
È molto probabile che il ” laboratorio romano” altro non era che il triclinio di cui adesso stiamo parlando.
Ricordo , infine , che un triclinio riscaldato a Formiae, lo ritroviamo nell’episodio di cronaca nera di “Larcio Macedo” narrato da Plinio il Giovane , oggetto di un mio post del passato.
Questo mio odierno articolo è frutto di una ricerca in collaborazione con Michele De Santis .
Le fonti :
– Archivio Tess – Beni culturali
– Accademia reale dei Lincei – Archivio Archeologico
Raffaele Capolino