UN ARTICOLO DELL’ARCHEOLOGO FRANCESCO MARIA AVELLINO SUL MOSAICO DI ” TESEO E IL MINOTAURO

UN ARTICOLO DELL’ARCHEOLOGO FRANCESCO MARIA AVELLINO SUL MOSAICO DI ” TESEO E IL MINOTAURO

” .
Rinvenuto a Formia ed esposto al Museo Archeologico Nazionale di Napoli.

Riporto solo poche righe di un articolo a cura di Francesco Maria Avellino ( 1788 – 1850) su questo frammento di mosaico multicolore trovato nel 1842 a Formia in località Borsale , contenuto in un cassettone di travertino.

I tasselli sono così microscopici che il mosaico si confonde con un affresco.
Così scrive l’Avellino , archeologo fondatore del ” Bullettino Archeologico Italiano ( 1842 – 1860) ” nonché Direttore degli scavi di Pompei dal 1839 al 1850 e Direttore Real Museo Borbonico:

“”””

” ….. Il signor Pasquale Mattej autore di tal notizia sul Poliorama del 24 novembre del 1842 , e possessore del musaico , narra come è stato scavato nel recinto di un giardino nell’interno di Castellone e Mola di Gaeta. E’ contenuto in un cassettone quadrato di travertino , il cui lato è di palmi tre .

È formato di pietruzze a colori di modo che di lontano potrebbe prendersi per un affresco.

Intanto rendiamo lode al chiarissimo signor Mattej che di un patrio monumento di tanto pregio non solo ha procurata la conservazione , ma ne ha anche data la notizia ed un disegno.
Quando esempli di tal fatta diverranno più comuni che ora non sono, potremo veramente concepire fiducia che le memorie dell’antico nostro incivilimento e delle arti patrie vengano nel dovuto onore. “””””

Nel suo articolo, che allego per intero, l’Avellino confronta l’opera trovata nel nostro territorio con altri mosaici similari di Pompei e di Chieti , pur restando convinto del maggior pregio del nostro reperto.

Tre domande , tuttavia, mi son sempre posto al riguardo di questo mosaico

1- Come mai , pur trovato in proprietà altrui, il Mattej ne divenne proprietario ?

2- In forza di quale atto il mosaico è entrato a far parte del patrimonio archeologico del. MANN di Napoli ?

3- Potrebbero sussistere , ancora oggi, opportune ragioni e indiscutibili diritti per chiederne il ritorno alla nostra struttura museale locale ?

Raffaele Capolino

JOHANN JOACHIM WINKELMANN E LUIGI VANVITELLI PARLANO DEI NOSTRI LUOGHI

JOHANN JOACHIM WINKELMANN E LUIGI VANVITELLI PARLANO DEI NOSTRI LUOGHI

WINKELMANN

Nella sua lettera del 7 agosto 1767 , indirizzata al ministro tedesco Hermann Von Riedesel ( 1740 – 1785) , il famoso Archeologo J. Winkelmann ( 1717 – 1768) parla di un suo viaggio da Roma a Napoli e accenna alle difficoltà del percorso:

“”Quanto al passaggio delle paludi pontine ,che dura circa 10 ore , ho già disposto tutto e alla metà del viaggio sarò trattato a pesci freschi “”

Il riferimento è ben preciso , è a Mola di Gaeta, oggi Formia, che Winkelmann avrebbe pranzato con pesci freschi !!!!!

In un’altra lettera precedente 4 agosto 1767 sempre diretta al Riedesel scrive :

“”” La mia partenza è così certa come il fato per la fine di settembre , e per questa ragione cercherò di andare per le paludi fino a Terracina e di là a cavallo o a piedi fino a Mola di Gaeta per evitare Fondi : il morboso aere di Fondi. “””

LUIGI VANVITELLI

Luigi Vanvitelli ( 1700 – 1773) , l’architetto che costrui’ la Reggia di Caserta, in una lettera del 23 giugno.1752 indirizzata a suo figlio malato e a suo fratello Urbano, che si apprestavano a intraprendere il viaggio da Roma a Caserta, scrive testualmente:

“””” A Fondi non dovete dormire , perché l’aria è pessima. Avvertite per strada di prendere sempre antidoti per l’aria cattiva , perché in Regno di Napoli l’aria è burla assai più che in Roma , e ciò nasce dal maggior caldo e solfo che vi è . “””
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Insomma questi due grandi personaggi storici ci fanno sapere che il viaggio terrestre da Roma a Napoli , e viceversa, non era per niente facile .

Le paludi pontine a nord e la solfatara del Puteolano a sud , erano considerate zone di elevata pericolosità dal punto di vista sanitario .

Al contrario, il territorio intermedio del nostro golfo ha rappresentato da sempre – fin dai tempi di Orazio – un’area geografica con ottima qualità climatica ed ambientale.

Cerchiamo, pertanto , di aver sempre più cura del nostro meraviglioso ambiente che, dal Buon Dio, ci è stato donato ” aggratis ” , come direbbe Philippe Daverio.

Raffaele Capolino

STUCCHI DI UN SOFFITTO DI UN NINFEO O DI UNA PISCINA ROMANA A FORMIA.

STUCCHI DI UN SOFFITTO DI UN NINFEO O DI UNA PISCINA ROMANA A FORMIA.


Una ricerca con risultati assolutamente inediti

La notizia viene da un testo in lingua francese, digitalizzato da Google, riguardante frammenti di antiche sculture etrusche, greche e romane.

Riporto le parole esatte per queste formelle trovate verso la fine del ‘700 a Mola di Gaeta, ossia l’antica città di Formia.
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” I bassorilievi realizzati su questa lastra adornavano le casse del soffitto di una conserva d’acqua abbandonata andata in rovina, vicino a Mola di Gaeta, nel regno di Napoli, da dove le avevo prese.
Queste figure, formate da una specie di stucco o terreno argilloso leggero, mescolate con sabbia e cemento molto indurito, sono state lavorate sul posto e sono ritoccate con così tanto spirito nel punto della sgrossatura, che l’artista che li ha eseguiti doveva avere molto talento e una grande abitudine di questo lavoro.
Il combattente è alto sette pollici.
Il leone alato misura dalla testa alla coda, poco più di sei pollici.
L’ornamento n. IV faceva da cornice a qualche altro disegno. “””
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L’autore di questi disegni è Gian Giacomo Macchiavelli ( 1766 – 1811), collezionista di reperti antichi e pittore-incisore di 101 tavole per una splendida edizione della Divina Commedia curata nel 1806 dall’abate Filippo Macchiavelli.

L’autore dei testi è invece lo storico d’arte e collezionista francese Jean Baptiste Seroux d’Agincourt ( 1730 – 1814) che nella sua opera ” Recuil de fragmens de sculpture antique “, pubblicata pochi mesi prima della sua morte, afferma che i numerosissimi reperti disegnati fanno parte sia della sua collezione, sia di quella del Macchiavelli.

Nel 1778, il Séroux D’Agincourt venne in Italia , dove trascorse gli ultimi trentasei anni della sua vita , sempre alla ricerca di frammenti di stucchi, mosaici, bassorilievi e fregi da disegnare .

Nella introduzione della sua opera di 212 pagine, parla del suo mentore , l’ archeologo e storico dell’arte Johann Joachim Winkelmann ( 1717 – 1768), a cui in pratica dedica l’opera.

Quest’ultimo in un suo viaggio da Roma a Napoli si fermò a Mola e, forse, anch’egli vide questo ninfeo o piscina natatoria con questi eccezionali ornamenti.

La collezione dei numerosi reperti del Macchiavelli fu acquisita , nei primi anni dell’800, dal Museo Archeologico di Milano, mentre i disegni e le incisioni di Seroux D’Agincourt si trovano nella Bibloteca Apostolica Vaticana.

In merito alla individuazione dei luoghi formiani , è probabile che gli ornamenti, oggetto di questo articolo, si riferiscano ad uno dei tanti ninfei di domus private oppure a un ” balneum” , se non addirittura alla “Piscina Dulcis-Nerva ” i cui resti — Nereidi , statua di Apollo e la stessa struttura di base — furono rinvenuti due secoli dopo .

Tutto è venuto fuori da un proficuo lavoro di gruppo , con l’aiuto straordinario di Michele De Santis e la traduzione dei testi francesi da parte di Jeanpierre Maggiacomo.

Raffaele Capolino

FORMIA – VIA FELICE TONETTI

FORMIA – VIA FELICE TONETTI

Tutti i Formiani conoscono questa via che, dalla zona di Ponte Rialto, porta al Porticciolo Caposele e al lungomare di Vindicio.
È intitolata a Felice Tonetti che fu Podestà di Formia dal 1927 al 1936, ma sono pochi a sapere perché fu scelta proprio questa via per dedicarla al più capace dei primi cittadini che hanno amministrato questa nostra Città.

Da una ricerca all’Archivio Storico del Comune di Formia, è venuto fuori un fascicolo che riporta una elencazione di 89 proprietari terrieri ” a valle di Via Vitruvio” ai quali fu notificato, negli anni venti del secolo scorso, una comunicazione per ” area ritenuta di notevole interesse pubblico ” ai sensi della legge 11 giugno 1922, n. 778 – Per la tutela delle bellezze naturali e degli immobili di particolare interesse storico .

A questi proprietari terrieri, lato mare parallelamente a Via Vitruvio, veniva imposto, nel 1927, un ” vincolo panoramico” consentendo un ridotto rapporto di edificabilità nella misura di 1:10 così come previsto dal Decreto a firma ” Parpagliolo” del Ministero della Pubblica Istruzione.

La posizione n. 75 di predetto elenco riporta come proprietari:
Tonetti Felice fu Pietro; Pontecorvo Elena maritata Ascarelli, Pontecorvo Carmelinda maritata Sereni, Peschillo Sacerdote Vincenzo di Luigi, Milano Romolo fu Giuseppe , tutti comproprietari delle particelle 85,91,114,115b e 116 foglio 12 , confinanti con proprietà D’Arezzo Burali Francesco, Luigi Rubino, Caracciolo Conte Mario e col torrente Rialto.(ved. ultima foto)

In pratica Felice Tonetti ( 1877 – 1939), ancor prima di essere nominato Podestà di Formia, era proprietario , assieme ad altri sicuramente legati tra loro da vincoli di parentela, di un ampio terreno delimitato ad ovest dal fossato di Rialto, a sud dal porticciolo Caposele e ad est dalla Villa Rubino. (ved. ultima foto)

Negli anni ’50/’60 del secolo scorso, dopo la costruzione della Nuova Flacca, ci si rese conto che la sola Via Olivella non era più sufficiente a servire la riviera occidentale di Vindicio.
Deve esserci stata una preventiva trattativa con gli eredi dei sopracitati proprietari di cui alla posizione n. 75, per poter realizzare un secondo accesso viario all’area del Caposele e a quella balneare di Vindicio est.

Si può pensare, infine, che nella trattativa sia stato anche previsto l’impegno di onorare un Sindaco che fu determinante per la rinascita di Formia, per cui la nascenda strada non poteva che essere chiamata :Via Felice Tonetti.
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Fonti: Archivio Storico Comunale di Formia con la collaborazione di Saro Ricca.

Raffaele Capolino

DOVE SI TROVA QUESTO BELLISSIMO BASSORILIEVO ? CHI LO HA REALIZZATO ?

DOVE SI TROVA QUESTO BELLISSIMO BASSORILIEVO ?
CHI LO HA REALIZZATO ?


#restiamotuttiacasa
#pilloledistoriaformiana

Pochissimi conoscono la storia di questo bassorilievo che può essere ammirato in un altare di S. Teresa a Formia.
L’idea fu del Maestro Antonio Sicurezza, con progetto dell’ingegnere Pasquale Testa.
Autore del bassorilievo fu nel 1953 un artigiano del marmo ” Amendola” di S. Maria Capua Vetere, conosciuto dal pittore Sicurezza.
È rappresentato un uccello, la femmina del Pellicano, che nutre i suoi piccoli con le gocce di sangue che escono dal suo petto lacerato di proposito.
Il disegno del Maestro Sicurezza fu così riprodotto in bassorilievo da un semplice artigiano che, inizialmente, non pensava neppure lui di riuscire a completare l’opera, tant’è che fu incoraggiato e stimolato spesso dal nostro concittadino che conosceva bene la sua famiglia di origine.

Raffaele Capolino

L’EPIGRAFE DI ” C. MAGNIUS ” DI ITRI DESCRITTA DA PASQUALE MATTEJ

L’EPIGRAFE DI ” C. MAGNIUS ” DI ITRI DESCRITTA DA PASQUALE MATTEJ

Si parla , in questo articolo, di una grande iscrizione ( m. 2.00 circa) che sta su uno dei lati di Porta Mamurra.

Ecco cosa scrisse Pasquale Mattej nel 1860 circa .

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In grandi e bellissimi caratteri si presenta questo grandioso frammento che si vede ora incastonato alla base di un muro nella pubblica piazza di Itri, ma fu quivi trasportato dall’alto della porta del vecchio castello, ove certamente né passati tempi lo collocavano gl’Itrani che credevano leggere in questo titolo falsamente la testimonianza del nome del paese ai tempi romani.

E più questa erronea notizia si accreditava fin dal passato secolo per quanto un ..(?)….di un mediocre ingegno del paese si affannava a dimostrare sul contesto di questa lapida che a quei tempi Itri detto Iter avesse avuto officiali edilizii.

Nessun dubbio che la lapida appartenga a Formia confermandolo l’indicazione della tribù a cui era ascritto C. Magnio. Troppo ingenua è la credibilità , che la conferma dell’edilita’ del detto Magnio espressa nell’ ITER si potesse scambiare con nome di un paese.

( Ed.) Perché pubblicata dal Notarianni p.221 sarebbe stato tentato il Momm ? ( forse Mommsen) , e per poco non lo esprime , di creder falsa o sospetta questa lapida.
Prova di quell’eccesso di sospezione da cui sembra dominato quell’ill. scrittore, e che altrove replicate volte avemmo a costatare.

Quale maggiore autenticità avrebbe richiesta il Mommsen per questa lapida non sapremmo immaginare , abbenche’ non divulgata abbastanza ? Mommsen al n. 4101

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Questo è quanto scritto dal Mattej su questa interessante iscrizione che si trova a Itri, meravigliandosi che il Mommsen abbia avuto qualche sospetto di falsità.
Si tratta, in realtà, di una bellissima iscrizione anche ben conservata.
Considerata la grandezza delle lettere e del reperto, potrebbe trattarsi di una iscrizione onoraria o funeraria di un personaggio romano di spicco del nostro territorio del Formianum.

CAIO MAGNO FIGLIO DI MARCO DELLA TRIBÙ EMILIA EDILE DI NUOVO

(Caio Magno , edile per la seconda volta.)

CIL X 6107

La ” I ” di MAGNIUS fu, molto probabilmente, un errore dello scalpellino.

Foto di Angelo Addessi

Raffaele Capolino

A BERLINO UN BUSTO DELL’IMPERATORE CLAUDIO PROVENIENTE DAI NOSTRI LUOGHI

A BERLINO UN BUSTO DELL’IMPERATORE CLAUDIO PROVENIENTE DAI NOSTRI LUOGHIFB_IMG_1587539278709
#restiamotuttiacasa

Questo busto-ritratto di Claudio è conservato in un museo tedesco, precisamente al Museo Altes di Berlino

La scheda di questo reperto ha come titolo:

BUSTO RITRATTO DI CLAUDIO RIELABORATO DA UN RITRATTO DI CALIGOLA

Questa è la sua curiosa storia !!!!

Quando fu assassinato Caligola, su disposizione del Senato di Roma, fu dichiarata la ” damnatio memoriae ” di questo personaggio per cui ogni statua o riferimento doveva essere cancellato per obliarne la memoria per sempre.

Quindi da un ritratto marmoreo di Caligola fu ricavato il ritratto di Claudio, zio di Caligola e quarto imperatore dell’impero romano.

In merito alla provenienza, l’esatta e inconsueta dicitura, riportata dalla scheda tratta dall’Archivio dell’Istituto Archeologico Germanico:

” presumibilmente da Acerra a Formia:
si dice che il busto sia stato trovato insieme al busto di in principe giuliano-claudiano.
Acquisito da proprietà privata ”

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Potremmo pensare che il reperto sia proveniente da una località situata tra Acerra e Formia, ma Acerra dista da Formia ben novanta chilometri.
Oppure possiamo pensare che il reperto forse trovato ad Acerra sia poi, in qualche modo, pervenuto e conservato a Formia, dove fu acquistato da un privato che lo ha esportato in Germania.

Queste altre notizie completano la descrizione del busto-ritratto :

“” Misure: H 43,7 cm B 31,5 cm
Marmo bianco cristallino.
Le aree della parte posteriore destra della testa e in parte sopra le orecchie sono conservate dall’acconciatura originale di Caligola “”

In ogni modo, possiamo purtroppo dire che anche questo reperto, come tantissimi altri, pur avendo respirato l’aria dei nostri luoghi, non è più fisicamente tra noi.

Fonte: Istituto Archeologico Germanico
Collaboratore di ricerca : Michele De Santis

Raffaele Capolino

ALCUNI MIEI RICORDI UNIVERSITARI Il Prof. Federico Caffè, lo studente Mario Draghi, il nostro concittadino Maurizio Franzini e altri particolari.

Sono trascorsi 33 anni dalla scomparsa del Prof Federico Caffè
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ALCUNI MIEI RICORDI UNIVERSITARI
Il Prof. Federico Caffè, lo studente Mario Draghi, il nostro concittadino Maurizio Franzini e altri particolari.


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Ricordo con orgoglio i miei anni da universitario alla Facoltà di Economia, in Piazza di Fontanella Borghese a Roma, dai primi giorni di novembre del 1965 fino al 17 novembre 1970, giorno di conseguimento della mia laurea in Economia. Avevo allora 24 anni.

Ho molti ricordi di Federico Caffè che fu mio professore di ” Politica Economica”.
Ebbi altri brillanti professori come Pierpaolo Luzzatto Fegiz ( fondatore e direttore della Doxa), Amintore Fanfani (Senatore), Giuseppe Guarino( ex Ministro Giustizia) , Pietro Onida (Economista) , Attilio Celant (Preside Facoltà di Economia) , Remo Cacciafesta ( Preside Facoltà di Economia, ferito nel 1977 dalle Brigate Rosse).

Ma, dopo cinquanta anni esatti, solo il ricordo del Prof. Federico Caffè è ancora fortemente stampato nella mia mente. Ricordo rafforzato anche per la sua misteriosa scomparsa che fece andare in crisi tutti i suoi numerosi studenti che lo adoravano come un padre.

Ricordo che alla fine di ogni sua lezione ci forniva gratuitamente il testo ciclostilato della lezione precedente, per cui fu l’unico professore a non averci fatto spendere neppure una lira per l’acquisto dei libri.
Conservo ancora gelosamente tutti i suoi testi ciclostilati da suoi volontari collaboratori.

Assieme ad una trentina di studenti, mi adoperai per seguire tutte le sue lezioni nell’anno accademico 1969/1970.
L’esame di Politica Economica era considerato quello più difficile da superare è, di solito, era l’ultimo ad essere affrontato.

Nel 2005 mi capitò di legge la biografia di Mario Draghi, appena divenuto Governatore Bankitalia, e appresi che si laureò in Economia alla Sapienza di Roma ,con 110 e lode , nello stesso giorno in cui io conseguii la mia laurea.
Con buona probabilità anche lui faceva parte di quel gruppo dei trenta sopra menzionato.

Seppi, sempre dalla stampa, che quel giorno del 19 novembre 1970, Mario Draghi indottrinato da Federico Caffè suo relatore e suo mentore seguace della teoria keynesiana, spiegò che la moneta unica in una Europa unita sarebbe stata una sciagura per l’Italia.

In effetti, Federico Caffè era molto critico verso il progetto della moneta unica.

La stampa riporta che a pagina 23 della tesi di laurea di Mario Draghi ” Integrazione economica e variazione dei tassi di cambio” sarebbe riportata questa frase :

” l’idea di una moneta unica europea era una follia , una cosa assolutamente da non fare ”

Con il passare degli anni, e soprattutto con l’esperienza finanziaria statunitense, Mario Draghi modificò il suo pensiero in merito alla moneta unica.

Fu così che il destino, in aggiunta alle sue capacità , volle che Mario Draghi ricoprisse prima la carica di Governatore della Banca d’Italia ( dal 2005 – al 2011) e, con grande abilità riconosciuta da tutti , anche la prestigiosa carica di Presidente della Banca Centrale Europea ( dal 2011 al 2019).
In tutti questi anni Mario Draghi, apprezzato da tutto il mondo finanziario e contrariamente a quanto scritto nella sue tesi di laurea, ha fatto suo il teorema della irreversibilita’ dell’euro.

Non a caso, nel 2018, secondo la rivista Forbes, Mario Draghi fu considerato il 18° uomo più potente del mondo .

Come sappiamo , il Prof. Federico Caffè scomparve misteriosamente ,in una strada di Monte Mario a Roma , il 15 aprile 1987.
Non fu mai più ritrovato, tant’è che il Tribunale di Roma, dopo dieci anni precisamente l’8 agosto del 1998, ne dichiarò la morte presunta.

Qualche anno fa partecipai ad un convegno in ricordo di Federico Caffè a Roma alla presenza dell’attuale Governatore della Banca d’Italia: Ignazio Visco.
In quella occasione incontrai Maurizio Franzini e mi capito’ di sedere accanto ad uno dei miei compagni universitari, Giuseppe Amari che mi fece dono di un saggio su Federico Caffè, scritto dai suoi allievi più noti, tra cui Nicola Acocella, Giuseppe Amari, Maurizio Franzini, Ignazio Visco ed altri.

Il nostro concittadino Prof. Maurizio Franzini conobbe anch’egli, qualche anno dopo , il Prof. Federico Caffè che fu relatore della sua tesi di laurea.
Lui lo conosceva molto bene, per far sapere, nei primi giorni della scomparsa, che Federico Caffè aveva subito momenti di forte depressione.

Maurizio Franzini, che ne fu prima suo collaboratore e assistente universitario, è dal 2001, Professore Ordinario di Politica Economica nell’Università di Roma “La Sapienza”, occupando lo stesso ruolo svolto da Federico Caffè.

Sono questi i più importanti ricordi della mia vita da studente universitario quando ebbi, in particolare , il piacere di conoscere personalmente e apprezzare le doti di una grande persona : Federico Caffè (1914 – 1987)

Raffaele Capolino

MENTRE Sl REALIZZAVA IL SOLAIO PER L’ACCESSO PEDONALE AL CISTERNONE DI CASTELLONE.

MENTRE Sl REALIZZAVA IL SOLAIO PER L’ACCESSO PEDONALE AL CISTERNONE DI CASTELLONE.

Quattro foto che scattai dalla mia casa paterna di Castellone mentre erano in corso i lavori.

Dalla prima foto si può vedere come, nel gettare il solaio di copertura della rampa di accesso , fu incorporato un vano sotterraneo di una vecchia casa, la cui parte superiore fu rasa al suolo dalle bombe degli alleati nell’ultima guerra.

Entrando nel Cisternone, sulla destra, troviamo infatti due ambienti che ospitano centraline elettriche e tutto ciò che serve alla gestione del sito.

Raffaele Capolino