MAMURRA EQUES FORMIANUS Narrato da Vito Antonio Sirago , Professore Universitario di Storia romana.

MAMURRA EQUES FORMIANUS
Narrato da Vito Antonio Sirago , Professore Universitario di Storia romana.FB_IMG_1582935300376

Brani tratti dal testo : OPERE Vol.l La Guerra Gallica di Vito Antonio Sirago , Napoli 1972

“. ……….se Cesare raccolse immensi bottini,. Labieno poté costruirsi Cingoli e Mamurra poté spendere a profusione in Roma, non rinunciando alle avventure galanti con grande animosità di Catullo . ”

” …..Sono nell’esercito di Cesare uomini di Pompeo come Labieno della stessa origine Picena di Pompeo, come Mamurra già stato con Pompeo nella Guerra Mitridatica …..”

“……Sul Reno Cesare fece costruire , per ben due volte , nel 55 tra Colonia e Bonn, nel 54 più a monte di Bonn , un superbo ponte in legno ch’egli s’è concesso il piacere di descrivere nei minimi particolari . ”

” …. I Veneti ( tribù galliche ) confidavano nella loro potenza navale, ……. ma Cesare fece allestire sulla Loira , certamente da carpentieri romani guidati da Mamurra di Formia, odiatissimo da Catullo, ma tecnico espertissimo, stato già con Pompeo nella Guerra Mitridatica fino al 62 a.C.
Mamurra guidò i lavori per allestire le navi destinate alla spedizione in Britannia ( nel 55 a.C.) e dovette partecipare anche lui alla spedizione se Cesare dopo aver visto sconquassate le sue navi legate all’affondo per l’alta marea del plenilunio, poté riparare un buon numero di navi e assicurarsi la via del ritorno.

Mamurra dove’ impegnarsi al massimo grado nell’ inverno tra il 55 e il 54 , in attesa della seconda spedizione in Britannia .

Quando Cesare tornò presso l’esercito che alloggiava nelle regioni galliche poste sulla Manica, nella primavera del 54, trovò pronte 600 navi miste ( da carico e da guerra) e 28 navi da guerra con sua grande gioia e gratitudine per il lavoro svolto.
A Mamurra diede tutta la sua benevolenza e lo mise a parte del grande bottino che si sperava di raccogliere in Britannia. ”

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Questi brani si riferiscono alla costruzione del ponte sul Reno , avvenuta in soli dieci giorni, e alle due spedizioni in Britannia, ma Mamurra fu protagonista anche durante l’assedio di Alesia nella costruzione delle due linee di fortificazioni le cui palizzate globalmente raggiunsero la lunghezza di 36 chilometri con circa 1.000 torri di guardia.
Sono sempre notizie riferite da Sirago in un suo scritto che è facile rintracciare ” online”.

Il Prof. Sirago con la menzione di Mamurra ha voluto dare il giusto riconoscimento a questo nostro concittadino che , pur essendo stato amico e massimo collaboratore di Cesare, da quest’ultimo non è stato mai citato nel De Bello Gallico, sicuramente per quanto sollevato dal poeta Catullo.

Raffaele Capolino

UN DISGUIDO POSTALE CHE FECE ARRABBIARE MARCO TULLIO CICERONE NELLA SUA VILLA DI FORMIA

UN DISGUIDO POSTALE CHE FECE ARRABBIARE MARCO TULLIO CICERONE NELLA SUA VILLA DI FORMIA

Così scrisse Cicerone il 24 aprile del 59 a.C. al suo amico Attico dalla sua villa di Formia.

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” Che azione volgare ! Nessuno ti ha recapitato la missiva che da Tre Taverne ti avevo scritto immediatamente in risposta alle tue graditissime lettere ! Ma mi preme che tu sappia che il plico nel quale l’avevo inserita è stato portato , lo stesso giorno in cui l’ho consegnato, a casa mia a Roma e di lì mi è stato fatto ritornare nella mia villa di Formia.
Pertanto ho dato ordine che ti sia di nuovo recapitata la missiva a te diretta ……………………….”
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In buona sostanza è successo questo:

Il 19 aprile del 59 a.C., mentre era in viaggio da Roma a Formia , da Tre Taverne Cicerone scrisse una lettera indirizzata ad Attico e la consegno’ al vettore perché la facesse recapitare al destinatario che in quel momento si trovava a Roma .

Accadde invece che , nella stessa giornata del 19 aprile il plico fu recapitato per disguido alla dimora romana di Cicerone e da Roma, sempre per errore, fu poi prontamente fatta pervenire a Cicerone nella sua Villa di Formia.

In pratica la lettera non fu recapitata al destinatario bensì allo stesso Cicerone che ne era invece il mittente.

Il 24 di aprile Cicerone informò Attico del disguido , assicurandolo che da Formia aveva dato ulteriore ordine al vettore di recapitarla alla dimora romana di Attico.

Quello che fa meraviglia è che duemila e più anni fa, in un solo giorno un plico da Tre Taverne , arrivò a Roma e da Roma fu poi fatto recapitare velocemente a Formia.

La posta di quei tempi, pur se incappava in qualche disguido come in questo caso, aveva una rapidità di consegna che neppure oggi noi abbiamo. !!!

Mi viene , comunque , da pensare che Cicerone , molto probabilmente, abbia indicato erroneamente come destinatario se stesso e ad Attico non ha voluto dire la verità, incolpando i vettori !!!!!!
Chissà che le cose non siano andate proprio in questo modo !!!!

È proprio il caso di dire:

Errare humanum est !!!!
Vale anche per Marco Tullio Cicerone !!!

A me è piaciuto tantissimo leggere, scrivere e analizzare questo curioso episodio capitato a Cicerone mentre dimorava nel suo Formianum, da lui descritto nella epistola ll, 13.

In questa stessa lettera scrive:

” Se vieni a fare una capatina in questa nostra Telepilo dei Lestrigoni , intendo dire Formia, vedrai come mormora la gente! Quanta ira sconvolge le menti!
Come è odiato il nostro amico Magno!
Il suo soprannome va perdendo lo smalto!”
Ovviamente, Cicerone si riferisce Pompeo Magno.

Raffaele Capolino

L’ ANFITEATRO ROMANO DI FORMIA

L’ ANFITEATRO ROMANO DI FORMIA

Diversi ambienti voltati e di sostegno della cavea sud-occidentale dell’anfiteatro romano di Formia, sono ancora oggi visibili in un fabbricato di Via Anfiteatro , fatto costruire nel 1756 dalla nobile famiglia ” de Leone ” che vi abito’ fino al 1920 circa .

Il fabbricato fu in pratica costruito sui resti della fiancata sud-ovest della struttura romana , conservando al suo interno ambienti voltati, in opus reticolato, con inclinazione verso il centro del piano di calpestio dell’arena.

L’ attuale portone d’ingresso del palazzo nobiliare, ad esempio , era in pratica l’accesso lato sud- ovest .

Considerata la morfologia dei luoghi , e in analogia a strutture romane simili, credo che l’Anfiteatro di Formia avesse almeno cinque accessi principali , due ad ovest , due ad est e uno a sud .

È anche noto che il lato nord addossato alla retrostante collina , in più di duemila anni, sia stato interessato da un fenomeno di scivolamento del terreno che ha ” abbracciato” l’intera struttura fino a ricoprirla interamente nelle parti meno sporgenti.

Con grande meraviglia e autorizzato dai proprietari, ho potuto realizzare le foto, interne alla struttura, che allego a questo post.

Mi è stato riferito che anche molte pareti di ambienti al primo piano, sotto l’intonaco e in occasione di lavori interni, si sono presentate ricoperte da ” opus reticolato” .

Questi elementi strutturali , finora sconosciuti, sono importanti per una esatta conoscenza del perimetro esterno del sito archeologico, partendo da centro del piano di calpestio che va ancora ricercato a circa sei metri di profondità.

Ciò che porterebbe a ipotizzare che le volte del piano terra e del primo piano del fabbricato , possano riguardare il secondo e il terzo ordine di arcate della struttura ludica di epoca romana.

Insomma c’è la possibilità di uno studio fatto da un archeologo di professione e , con assoluta certezza , verranno fuori tanti particolari di un anfiteatro romano sconosciuto fino a pochi decenni fa.

Quindi le superiori parti che forse inizialmente furono realizzate in legno , in un restauro successivo, ma sempre nel periodo romano imperiale, furono sostituite da strutture in muratura .

La nobile famiglia “de Leone” ha espresso non solo due parroci della Chiesa di S.Lorenzo in Formia, ma anche un Vescovo.

Nel corso dell’ultimo evento bellico il fabbricato subì la distruzione della parte sud che fu ricostruita nel dopoguerra con l’aggiunta di una sopraelevazione.

In conclusione, molti motivi in più per riprendere gli scavi rimasti interrotti e per ridare alla cittadinanza formiana uno straordinario spazio da destinare ad eventi culturali e pubblici.

Altro particolare di non poca importanza è la cordialità e la gentilezza manifestatami da due famiglie orgogliose di vivere in un palazzo antico con fondamenta e struttura interna rivenienti da un anfiteatro romano del 1′ sec. d.C., che ha avuto resti imponenti e visibili fino a tutto il 1756.

Raffaele Capolino

LA STATUA DELLA CIBELE FU TROVATA SMONTATA

LA STATUA DELLA CIBELE FU TROVATA SMONTATA

Quando nel 1892 fu rinvenuta in località Arcella, detta anche Rinchiusa, da Erasmo Scipione di Formia, l’ispettore onorario Angelo Rubino fece intervenire sul luogo l’ispettore Antonio Sogliano che così relaziono’:

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” È una statua muliebre, sedente, alta Mt 1,75.e rappresenta una giovane donna, di aspetto matronale, con corona turrita sul capo. I capelli divisi nel mezzo e leggermente ondulati( come nei ritratti imperiali femminili di buona epoca) incorniciano la fronte, ed annodati in fascio sulla nuca, cadono sciolti sulle spalle.

Siede sopra una specie di masso, e veste un chirone senza maniche, recinto nella vita, con ampio manto sovrapposto, che poggiando con un lembo sulla spalla sinistra, le ravvolge la parte inferiore della persona.
Ha i piedi muniti di sandali.

Era formata di parecchi pezzi, cioè la testa incastrata nel busto, le braccia imperniate e anche la parte anteriore dei piedi fermata con perni.
Tutti questi pezzi si rinvennero distaccati, e le braccia per giunta rotte nei polsi con le mani prive delle dita. Il naso è scheggiato nella punta, e l ‘orecchio destro è andato perduto con porzione di capelli, ma da un fiorellino appare che anche questo fosse un tempo riattaccato con piccolo pernio.

L’ orecchio sinistro è perforato per un pendente di metallo, l’epidermide del marmo è in parte corrosa dalle acque, ma in generale la conservazione è piuttosto buona. Lo stesso si può dire della esecuzione, quantunque la statua sembri essere stata ornamentale, cioè potendosi dimostrare anche pel fatto che la statua nella parte posteriore fu condotta con lavoro molto trascurato. ”

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Raffaele Capolino

LA STATUA DELLA PIETÀ DONATA ALLA CHIESA DI S.ERASMO DI FORMIA DAL SAC.TE ALBERTO CAPOLINO

LA STATUA DELLA PIETÀ DONATA ALLA CHIESA DI S.ERASMO DI FORMIA DAL SAC.TE ALBERTO CAPOLINO

Nel 1914 una bellissima statua in cartapesta fu donata ” per grazia ricevuta ” alla Chiesa di S.Erasmo dal Sacerdote Alberto Capolino.

Nulla si sapeva di questo Sacerdote , autore di una importante donazione visibile a sinistra entrando nella Chiesa di S.Erasmo , a qualche metro dalla scala di accesso agli Scavi di S.Erasmo.

Per caso mi è capitato tra le mani un documento riguardante questo prelato con il mio stesso cognome , ciò che mi ha incuriosito fino a fare ricerche con i seguenti risultati.

Alberto Capolino , figlio di Theodoro ed Evelina Pennacchio fu’ Giuseppe , nacque a Formia il 21 dicembre del 1879 e sempre a Formia e’ deceduto il 12 ottobre del 1923 , all’età di 44 anni.

L’annotazione del battesimo ci fornisce altri particolari .
Albertus Capolino aveva in aggiunta i nomi di ” Natalis Cajetanus Joachim “.
Padrini furono i fratelli “Angelus e Raphaella Ciano filii Alojsii Antonii “.
Ostetrica : Scolastica Lombardi. Parroco :Erasmo Liberace.

Dalla sua prematura morte si può presumere che Alberto Capolino nel 1914 , quando aveva l’età di 35 anni , deve aver avuto qualche grave problema di salute.
Il superamento di un periodo difficile della sua vita fu il motivo che provocò la volontà di donare alla Chiesa di S. Erasmo una statua della Pietà , a grandezza naturale.

In data 23 luglio del 1916 , appena ripresosi, fu incaricato di sostituire temporaneamente il Parroco della Chiesa di S. Luca a Maranola ,Don Carlo Piccolini partito come Cappellano Militare per la Grande Guerra .

Per questa sostituzione fu emesso , seppur in data successiva , dalla Procura del Re , il previsto ” Regio Placet ” datato 6 ottobre 1916.

È stato predetto documento , rinvenuto in un carteggio conservato attualmente nell’Archivio Storico del Comune di Formia con l’ aiuto di Gabriele D’Anella , che ha dato inizio alla mia ricerca che ha interessato prima la Curia di Gaeta e poi l’Archivio della Parrocchia di S. Erasmo .

In questo ultimo archivio ho potuto usufruire della preziosa collaborazione di Don Antonio Punzo e di Annibale Mansillo.

Infine , tutte le notizie hanno avuto conferma da quanto è stato possibile acquisire all’Archivio dell’Anagrafe e Stato civile del Comune di Formia.

È stato così possibile conoscere i particolari relativi alla donazione di una bellissima statua , realizzata oltre un secolo fa e conservata nella Chiesa di S.Erasmo , e che ha attraversato indenne due guerre mondiali.

Nel contempo siamo venuti a conoscenza di alcuni avvenimenti della vita del Sacerdote Alberto Capolino ” richiamato in cielo ” troppo presto da Dio all’età di appena 44 anni.

Spero che qualche lettore di questo articolo possa aggiungere qualche altro tassello a questa storia.

Raffaele Capolino

COME ERANO, NELLA SECONDA METÀ DEL 1800, I LUOGHI ADIACENTI ALL’ ATTUALE VILLA COMUNALE DI FORMIA
Chi di noi ha mai sentito parlare di Piazzale Gattola a Formia ?
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Dalla piantina topografica del Mattej (foto 1 e 2 ) , disegnata nel 1868, rileviamo che i luoghi oggi occupati dalla Villa Comunale e dall’ex Ristorante La Quercia, erano entrambi di proprietà della Famiglia Gattola e che non è ancora visibile il primo tratto di Via Vitruvio ( dalla spiaggia di Mola a S.Teresa) portato a termine nel 1888.

Questa enorme area privata , sicuramente senza vegetazione, veniva chiamata Piazzale Gattola , come risulta da un progetto dell’ing. Francesco Sagnelli per una sistemazione della intera area che nel 1890 già era attraversata dal nuovo tratto della Via Vitruvio.

Dal disegno del Sagnelli ( foto 3) si evince che il Palazzo Bartolomeo fu costruito successivamente su area appartenuta prima alla Famiglia Forcina e che una strada laterale chiamata Prima Traversa diventerà Via XX Settembre solo nella pianta redatta dall’ing. Di Fava nel 1896.

Nel progetto di cui alla foto 3 è precisato il ” suolo da concedersi per Restaurant ” ( diventerà il Ristorante La Quercia) e la foto 6 riporta il disegno del ” Parapetto e Ringhiera di garanzia alla Piazza verso il mare”.

La pianta del Di Fava del 1896 attesta già la presenza del Palazzo Grasso e del Palazzo Nuzzi il cui giardino arrivava fino a mare , forse per aver acquistato dai Gattola. La stessa pianta mostra come la Villa già realizzata fosse inizialmente chiamata ” Villa Cicerone” diventata poi “Villa Umberto I” dopo la morte di questo Re d’Italia ad opera di un anarchico.

La foto 4 indica il costo di Lire 10.199,95 per ” l’eseguimento di tutte le opere provviste necessarie per la sistemazione del Piazzale Gattola a pubblico passeggio con giardinaggio ” .

Ho sentito dire più volte che questa operazione fu finanziata dalla Banca di S. Michele di Maranola che fallì successivamente con un credito verso il Comune di Formia rimasto insoluto.
Questi fatti sono documentati da delibere comunali dell’epoca.

Non mi è sfuggito il particolare curioso nella foto 3 dove il progettista Sagnelli aveva previsto un’ altro ristorante sul mare ( contrassegnato dalla lettera A) da lui stesso chiamato ” Restaurant Cicerone”, ma che non fu mai realizzato.

Questi ruderi chiamati oggi Criptoportici , nella prima foto sono chiamati dal Mattej ” Antica Villa Piajale ” ( da piaja = spiaggia ) , ciò che rafforza ancor più la convinzione che il toponimo Pagliola sia derivato da “Piajola” ( piccola spiaggia)

Sono sicuro che molti di voi , dall’esame di queste foto e di quanto da me scritto , troveranno occasione per parlare di altri particolari non menzionati in questo post che riporta nelle mappe molti nomi di note famiglie della Città di Formia di quei tempi ( Leone, Nuzzi, Gionta, Miele, Forcina, Scarpellino, Grasso, Bartolomeo, Gattola, Rubino, Spina, Burali, Paone, Testa, Albito, Nocella, Licenziati , Liberace, Pecorini ).

Nella proprietà della famiglia Leone/ De Leone era sotterrato l’anfiteatro romano di Formia, che fu individuato in epoca successiva.

Villa Gattola era posizionata dove attualmente sono i fabbricati dell’ex Ristorante “La Quercia”.

La fonte delle notizie e dei documenti di questo post è stata l’Archivio Storico del Comune di Formia presso la Torre di Mola: Faldone X, Fascicolo 57 .

Raffaele Capolino

L’ULTIMO RESTAURO DELL’OROLOGIO DI CASTELLONE – FORMIA

L’ULTIMO RESTAURO DELL’OROLOGIO DI CASTELLONE – FORMIA

Fu eseguito da Salvatore Ricci , il maestro orologiaio della ditta Roberto Trebino di Uscio in provincia di Genova, che installò un meccanismo elettromagnetico degli anni ’60.

In realtà questo meccanismo della Trebino di Uscio, azienda specializzata nella elettrificazione di campane ed orologi, fu smontato dalla Chiesa di Santa Teresa , dove fu impiantato al suo posto un meccanismo al quarzo più moderno e più preciso.

Salvatore Ricci effettuò un intervento anche in una Chiesa di Maranola con un impianto elettromeccanico degli anni ’50 , sempre della ditta Trebino.

Nella Chiesa di S.Maria dei Martiri di Maranola è invece ancora in funzione un meccanismo che risale alla fine del ‘600/inizi ‘700, sempre restaurato dal maestro orologiaio Salvatore Ricci.

Il vecchio orologio di Castellone ha pure un’altra caratteristica che lo rende prezioso.Ha il quadrante in antiche e decorate mattonelle di maiolica.

Per dovere di informazione c’è da rilevare che l’orologio di Castellone era provvisto anche di sirena che suonava a mezzogiorno e , soprattutto, che è fermo alle ore 12.35 di parecchi decenni fa.

La Torre ha un fregio in marmo, lo stemma di Gaeta, apposto nel 1564 con una “annotazione” scolpita del 1853 riferita ad un restauro e ampliamento nel periodo borbonico quando il borgo faceva parte del Comune di Castellone e Mola :

RES ET AMP 1853

Ho captato che rimettere in efficienza l’orologio e la sirena è il desiderio di quelli che vivono tuttora in questo ” castello” .
Sarebbe, per loro, come ritornare a vivere in un mondo semplice che tutti ricordano con molto piacere e, sicuramente, un motivo in più per attrarre turismo e far conoscere le bellezze di questo borgo antico del ” Castellone” di Formia.

( Foto di Fausto Forcina)

Raffaele Capolino

LA STORIA DI DUE STATUE TROVATE A FORMIA E RITROVATE ESPOSTE NEL MUSEO ALTES DI BERLINO

LA STORIA DI DUE STATUE TROVATE A FORMIA E RITROVATE ESPOSTE NEL MUSEO ALTES DI BERLINO

Premetto che la storia è estrapolata da un articolo di Marisa De Spagnolis nel Formianum III del 1995 .

STATUA DI NARCISO

Il primo reperto è la statua di Narciso rinvenuta nel 1857 a Formia nei pressi di S. Teresa , suolo di Luigi Capolino (sezione 4 peschiere – da una mappa rilevata dopo i ritrovamenti ).

Fu disegnata a matita su cartoncino bianco cm 5,4 x 15,1 da Pasquale Mattej.

Dopodiché scomparve per apparire nel Museo Altes di Berlino dove venne identificata dall’archeologa Marisa De Spagnolis che la riconobbe nel disegno del Mattej.
Quest’ultimo, quando la vide per la prima volta, sostenne trattarsi di una statua greca di grande bellezza e pregio.

Al Museo Altes di Berlino la statua è indicata con provenienza Gaeta.
A tal proposito la De Spagnolis dice in proposito:

“L’indicazione del luogo di provenienza, Gaeta, ci offre un’ulteriore e definitiva conferma che sia proprio la statua raffigurata dal Mattej.Il luogo ………..è detto Gaeta, ma si deve considerare che , in quel periodo , Formia veniva chiamata Mola di Gaeta.”

In effetti la statua dal suo luogo di ritrovamento fu portata a Napoli, come proveniente da Gaeta (Formia) e poi acquistata dal Museo Altes di Berlino.

TORSO AMELUNG

Ricordo agli amici e a chi segue i miei post che sempre nello stesso Museo Altes di Berlino è esposta un’altra “Statua di un giovane” cosiddetto “Torso Amelung” rinvenuto a Formia e chiamato così dal nome di un archeologo tedesco ,che lo donò al Museo di Berlino che ne dichiara , in questo caso, la effettiva provenienza Formiana.

Il Torso Amelung e il Narciso , anche se lontani dallo stesso luogo di ritrovamento , continuano, almeno così, a stare insieme e a far ricordare agli altri le loro medesime origini legate alla nostra città di Formiae romana.

Raffaele Capolino

LA SORGENTE DI S.MARIA LA NOCE E IL SISTEMA DI PURIFICAZIONE DELLE ACQUE

LA SORGENTE DI S.MARIA LA NOCE E IL SISTEMA DI PURIFICAZIONE DELLE ACQUE

Sono rimasti in piedi solo tre elementi di ispezione e distribuzione delle acque della sorgente che alimentava il Cisternone di Castellone di Formia.

Il primo elemento ( foto 8 ) é chiamato Lanternino per la sua forma ed è la copertura di una cisterna che si trova alle spalle della Chiesa di S. Maria La Noce .
Questa cisterna raccoglie ancora oggi le acque di una sorgente che si incanala in passaggi sotterranei passando nei due elementi conici simili a “trulli” pervenutici e ispezionabili.

Certamente in passato queste strutture dovevano essere in numero maggiore.Alcuni del luogo ricordano che fino ai primi anni del dopoguerra, l’acqua sorgiva scorreva ancora in una canaletta muraria lungo l’intera stradina di S.Maria La Noce.

La distribuzione delle acque per caduta e in assoluta assenza di luce solare è consigliata da Marco Vitruvio Pollione nel suo trattato.

In questi elementi ispezionabili , forse di epoca romana ma riadattati dai borbonici , avviene proprio per caduta la distribuzione delle acque e la purificazione in quella specie di conca in muratura che si vede nelle foto.

Gli elementi impuri restano sul fondo di predette conche e l’acqua , nella sua discesa, diventa sempre più limpida.

Un esempio di come i nostri avi riuscivano ad evitare l’intorbidimento delle acque , ciò che il nostro attuale gestore non riesce a gestire , pur dotato di pompe costosissime, filtri sofisticati, e prodotti chimici.

Raffaele Capolino

LA VILLA ROMANA DI APOLLINARE NEL FORMIANUM SOTTO L’ATTUALE VILLA UMBERTO I

LA VILLA ROMANA DI APOLLINARE NEL FORMIANUM SOTTO L’ATTUALE VILLA UMBERTO I

Dall’ampiezza dei criptoportici, doveva essere una villa estesa per non meno di mille metri quadri per ognuno dei due probabili livelli.
Le antistanti piscine per allevamento ittico avevano un’area di ben 1.800 mq.

I criptoportici sotto la Villa Comunale Umberto l’, saranno interessati da un prossimo restauro per infiltrazioni di piogge che hanno determinato una situazione provvisoria di non agibilità.

Si spera che possano essere recuperate anche le parti disposte ad ovest, mai presentate al pubblico, che ho avuto modo di visitare molti anni fa.

Come afferma l’amico architetto Salvatore Ciccone, è molto probabile che la villa fosse appartenuta, nella primavera del 37 a. C., a Lucio Licinio Murena che ospitò per la notte il poeta Orazio e Mecenate ai quali, il vicino Gaio Fonteio Capitone offrì la cena.

A Lucio Licinio fu appioppato il “cognomen” Murena per la sua specifica attività ittica e così potrebbe essere accaduto a Gaio Fonteio Capitone , per gli allevamenti di anguille.

È possibile che Mecenate abbia conosciuto, in predetta occasione Terenzia (sorella adottiva di Murena), che sposò e fu sua unica moglie.

Notizie e misure di questa villa marittima ci pervengono da scritti e disegni del Mattej e da studi di Luigi Jacono che vide e disegnò anche la piscina natatoria di Nerva, sempre trovata a Formia in proprietà Di Fava, già De Matteis.

Raffaele Capolino