UNA FOTO BELLISSIMA DI IERI A GAETA ALL’INTERNO DELLA CHIESA DELLA SORRESCA.

UNA FOTO BELLISSIMA DI IERI A GAETA ALL’INTERNO DELLA CHIESA DELLA SORRESCA.FB_IMG_1496254213560

Gianluca Mandatori , archeologo ed esperto numismatico, mentre legge una epigrafe sepolcrale riguardante tal ” Pitagoras “.
Si tratta di un greco trasferitosi e deceduto nel nostro territorio nel periodo romano.

Una foto che trasmette la passione , la cura e l’intensità con cui Gianluca svolge il suo lavoro.

Ho avuto il piacere di seguirlo ieri nella sua attività di epigrafista sotto la regia di Heikki Solin.

Che giornata ieri!!!!!!

Raffaele Capolino

PASQUALE MATTEJ ( Formia 1813 – Napoli 1879) Medaglia commemorativa in bronzo

PASQUALE MATTEJ ( Formia 1813 – Napoli 1879) Medaglia commemorativa in bronzo

NEL 2013 , NEL BICENTENARIO DELLA NASCITA DI PASQUALE MATTEJ, ARTISTA FORMIANO, FURONO CONIATE CENTO ESEMPLARI DI QUESTA BELLISSIMA MEDAGLIA COMMEMORATIVA

Opera dello scultore Gerardo De Meo noto artista di Maranola di Formia.

Dritto:
Volto di Pasquale Mattej

Rovescio:
Donzella di Castellone( tratta da un particolare
di un’opera del Mattej)

Medaglia coniata a freddo, in bronzo patinato
e sfumata a mano
Diametro 60 mm
peso 120 gr circa

Questo esemplare porta il n. 74 / 100

Raffaele Capolino

“GENS ARRIA ” A FORMIAE ROMANA Riferimenti a Marco Tullio Cicerone

“GENS ARRIA ” A FORMIAE ROMANA
Riferimenti a Marco Tullio Cicerone

Che la gens Arria sia attestata nel Formianum è un fatto comprovato da diverse epigrafi che confermano quanto scritto da Cicerone ad Attico affermando che la sua Villa di Formia era diventata una” Basilica ” frequentata da tanti suoi amici e clienti che ne approfittavano per chiedergli pareri legali, e che un tal Gaius Arrius , suo confinante , amava filosofare con lui parlando di giustizia.

Un primo riscontro di quanto scritto da Cicerone , ci perviene da una lunghissima lettera di Carlo Ligny Principe di Caposele indirizzata ad una sua amica e poetessa danese Signora Federica Brun , nata Munter di Copenaghen.
In questa lettera pubblicata nelle sue “Antichità Ciceroniane” il Ligny descrive minuziosamente la sua proprietà di Formia e, per dimostrare che la sua dimora è proprio quella posseduta a suo tempo da Cicerone, parla del ritrovamento di una pesante lapide di travertino di fronte all’ ingresso della sua villa (prima foto) da lui conservata tra i numerosi reperti collezionati.
Nella lettera ne riporta finanche il testo ( foto seconda) .
Per la precisione il ritrovamento avvenne nel podere degli Olivetani proprio di fronte all’attuale villa Rubino.
Arrius Salanus rivesti’ per tre volte la carica di Magistrato Edile , la suprema Magistratura a Formiae, e fu poi Prefetto Quinquennale di personaggi della famiglia imperiale ( Praefectus quinquennale Neronis et Drusi Caesarum)

In realtà in questa epigrafe contrassegnata da Mommsen con il CIL X 6101 , tuttora nella proprietà Rubino, si parla di L.Arrius Salanus e di sua moglie Oppia che è la firmataria di questa dedica che alcuni ritengono onoraria , diversamente da altri che la considerano funeraria.
È evidente che non si tratta della stessa persona menzionata da Cicerone al suo amico Attico. Sicuramente deve essere stato un suo familiare succedutogli nella proprietà del fondo attiguo a quello dell’oratore.
Particolare importante è che anche la gens Oppia ,come la gens Arria, risulta attestata nel territorio Formiano.

Altro appartenente alla famiglia Arria è Quinto Arrio che, come riporta l’arch. Adelina Arnaldi, fu Pretore nel 72 AC, sconfisse Crisso ma poi fu battuto da Spartaco. Anch’egli fu amico di casa di Marco Tullio Cicerone e si candidò al consolato nel 59 AC, ma senza successo.

A Formia deve essere vissuta nel 1′ sec. DC anche Arria moglie di Cecina Peto , entrambi condannati a morte dall’imperatore Claudio.
Arria si pugnalò e , prima di morire, disse al marito la frase “Non dolet Paete” per invogliare il marito a fare altrettanto, come avvenne.

La terza foto riguarda un importante reperto con epigrafe , trovato durante gli scavi sotto la Chiesa di S. Erasmo , che attesta ancora una volta , e in modo inequivocabile, la presenza a Formia di altri tre personaggi della Gens Arria.

Plutarco che localizza la Villa di Cicerone vicino al mare e al piccolo Tempio di Apollo , parla di Arrio ” vicino alla sua tenuta e confinante”.

Anche l’imperatore Antonino Pio che , come riferisce Erasmo Gesualdo, visse a Formia in una delle numerose residenze di Adriano, aveva il “nomen Arrio ” anche se risulta nativo di Lanuvio come ci dicono gli storici classici.
Il nome originario di Antonino Pio era precisamente : Tito Aurelio Fulvo Boionio Arrio Antonino

Un altro vicino di Cicerone era Sebosio, “quello amico di Catulo” così chiamato dall’Oratore. Ma non era confinante di Cicerone come lo era invece Arrio.

Raffaele Capolino

FORMIA CITTA’ DI VITRUVIO ………E DI CICERONE

FORMIA CITTA’ DI VITRUVIO ………E DI CICERONE

Marco Vitruvio Pollione (nato 80-70 ac – morto 15 ac)

I più grandi studiosi di M.Vitruvio Pollione e della sua opera “De Architettura” : Ettore País, GQ Giglioli, Quirico Viviani, Vincenzo Tuzzi, il Marchese Poleni, il Barbaro, l’architetto Luigi Canina, il Filandro, il Balbo , il Tiraboschi, il Signorelli e soprattutto Berardo Galiani, affermano tutti che M.Vitruvio Pollione
appartenne alla ” gens Vitruvia ” plebea originaria di Formia.

Molte notizie provengono proprio dalla sua unica opera letteraria scritta in età avanzata e dedicata ad Augusto.
La sua più grande protettrice fu Ottavia Maggiore, figlia di Gaio Ottavio e Ancaria, quindi sorellastra di Augusto e sposata con Sestus Appuleio.

Nella prefazione della sua opera,Vitruvio afferma:
“Già mi sono occupato assieme a M.Aurelio, a P. Numidio e a Cneo Cornelio dell’allestimento di baliste, di scorpioni e di altre macchine da guerra e della relativa manutenzione……..”
Questi tre personaggi, amici di Vitruvio, sono stati definiti dal Galiani, massimo studioso della vita di Vitruvio, suoi concittadini, quindi Formiani. Un riscontro di questi nominativi su eventuali epigrafi locali e/o su scritti antichi, potrebbe già essere determinante per la definitiva certezza della sua nascita nella nostra città.

Non dimentichiamoci che il maggior numero di epigrafi riguardanti la “Gens Vitruvia” è stato rinvenuto a Formia e molte sono ancora visibili in Villa Rubino.

Da una mia recente lettura dell’opera Vitruviana, sono rimasto colpito da alcuni riferimenti a luoghi a noi molto vicini e quindi conosciuti bene dallo stesso Vitruvio.
Vitruvio parla delle Paludi Pontine, dell’acqua della sorgente Nettuno a Terracina (interrata perché velenosa) della pozzolana di Baia.Quando parla di strutture portuali ideali, fa una descrizione di un golfo che coincide esattamente con il nostro Sinus Formianus.
Ma il punto più interessante è quando nel secondo libro cita gli edili Varrone e Murena, che sono personaggi noti a noi Formiani sia per epigrafi locali sia per narrazioni di storici latini.
Varrone fu Curator Acquarum a Formia e Murena fu Pretore sempre a Formia . Furono entrambi contemporanei di Vitruvio e quindi suoi concittadini.
Vitruvio cita altresì Cicerone che conobbe sicuramente a Formia.

Si potrebbe quasi dire che nel suo trattato Vitruvio ha inserito anche il suo atto di nascita a Formia!!!!!!

Molto interessante è anche quando dice di aver coabitato ,discutendo spesso di Filologia, con un certo C. Giulio, figliolo di Massimissa primo re dei Numidi. In realtà i fatti storici stanno così:
Un nipote di Massimissa, Giuba l ,nella guerra civile tra Cesare e Pompeo, si schierò dalla parte di quest’ultimo. Fu sconfitto a Tapso da Cesare e si suicidò. Suo figlio Giuba ll , ancora ragazzo, fu portato da Cesare a Roma e crebbe nella famiglia di Ottaviano che poi divenne Augusto.
Vitruvio, sicuramente, conobbe questo Giuba ll ( pronipote di Massimissa) grazie alla sorella di Augusto alla quale era molto legato.A questo giovane numida fu dato il nome C.Giulio e, su disposizione di Augusto, gli fu data in sposa Cleopatra figlia di Marcantonio e la regina d’Egitto Cleopatra. Al Giuba ll, che partecipò alla battaglia di Azio con Ottaviano, fu quindi concesso di ritornare come re in Numidia, provincia romana.
La Numidia è la regione Tunisina in cui si trova Cartagine e Thibilis (prima chiamata Announa di Numidia) dove esiste tuttora un arco di Trionfo,successivo all’epoca di Vitruvio, progettato, costruito e firmato da un certo MARCO VITRUVIO MAMURRA.

Molto probabilmente, fu l’amicizia di Vitruvio con Giuba ll , che favorì una migrazione di suoi discendenti verso questa provincia romana dove esistono alcune epigrafi con il nome Vitruvio.
Questo ritrovamento, come dice il Giglioli, fece capire che tra Vitruvio e Mamurra deve esserci stata una parentela.
Ma , certamente non erano la stessa persona come invece sostenuto da qualche studioso.
Erano di caratteri diversi. Uno era eccentrico, estroverso e ricco. L’altro , Vitruvio, era umile, introverso e povero.

Le città con le quali siamo in competizione per i natali di Vitruvio sono:

Fondi. – per un Vitruvio Vacco che nel 327 ac capitanò una rivolta contro Roma.
Fano. – Per una Basilica che lo stesso Vitruvio dice di aver progettato, ma che non è mai stata rinvenuta.
Verona – Per l’arco di Gavi firmato da L. Vitruvio Cerdone che nulla ha a che fare con M. Vitruvio Pollione.

Nella sua opera De Architettura , Vitruvio sostiene che qualunque struttura deve soggiacere alle caratteristiche della Solidità, Utilità e Bellezza. Ciò che entusiasmo’ gente come Brunelleschi, Palladio, Bramante, Raffaello e Antonio da Sangallo il Giovane.

Nel terzo libro, Vitruvio osserva la figura umana con le sue proporzioni ( l’Uomo Vitruviano) che affascinò artisti rinascimentali come Leonardo da Vinci e León Battista Alberti.

Vitruvio progettò diversi tipi di tubazioni, un orologio , un organo idraulico, e un sofisticato sistema di riscaldamento delle terme . Inventò altresì un contamiglia per carri basato sulla caduta di un sasso dopo un certo numero di giri ( praticamente l’antenato del nostro contachilometri).

I suoi genitori lo avevano fatto istruire nelle scienze e nelle nuove lettere, ma egli ” volse l’animo alla matematica e all’ architettura civile e militare”.
In molti testi e’ riportato come:
M. Vitruvio
L.Vitruvio
M.L. Vitruvio
A. Vitruvio
Quindi Marco,Lucio, Marco Lucio, Aulo. A volte è stato scritto Vitruvius a volte Vetruvius.

Lo stesso Vitruvio ,con estrema umiltà , scrive

” Io, o imperatore, non posseggo per dote naturale, una grande statura, l’eta’ mi ha duramente segnato e la salute precaria mi ha tolto le forze, perciò, privo di questi sussidi, spero di ottenere la tua benevolenza confidando in questo mio trattato scientifico”.

Fu accontentato con un vitalizio che lo tolse da uno stato di povertà.

Questa è la storia di un grande Cittadino di Formia che molti ci invidiano.

Raffaele Capolino

UNA GIORNATA , CON HEIKKI SOLIN E GIANLUCA MANDATORI , IN GIRO PER FORMIA E GAETA.

UNA GIORNATA , CON HEIKKI SOLIN E GIANLUCA MANDATORI , IN GIRO PER FORMIA E GAETA.

Con l’epigrafista Prof. Heikki Solin e l’archeologo Gianluca Mandatori, abbiamo collaborato a trovare e censire epigrafi inedite nel nostro territorio.

Abbiamo avuto la collaborazione del sindaco di Formia Dr. Sandro Bartolomeo, di Luigi De Santis , Don Gennaro Petruccelli, Lino Sorabella , Don Antonio Punzo, Francesco Rubino e Gianni Di Nucci.

È stato anche possibile controllare le epigrafi già censite con nuove foto e nuovi rilevamenti.

Tra le foto , due epigrafi inedite che fanno da oggi parte del gia’ corposo elenco di scritture che raccontano il nostro glorioso passato romano.

La giornata ha avuto fine alle 21.00 con la stanchezza di tutti ma anche , e soprattutto, con la soddisfazione generale per aver dato un contributo ad una maggiore conoscenza del nostro passato e della nostra storia.

Siamo in attesa del risultato di alcuni studi epigrafici che ci permetteranno di proporre alcune iniziative riguardanti una parte dei numerosi reperti sparsi per l’intero territorio formiano.

Alla fine della giornata è stato doveroso, da parte nostra, esprimere tutta la gratitudine , anche a nome delle città di Formia e di Gaeta , al Prof. Emerito Heikki Solin e al Dott. Gianluca Mandatori per il loro impegno professionalmente manifestato.

Raffaele Capolino

ANNO 1854 COMUNE DI CASTELLONE E MOLA Considerazioni di Pasquale Mattej sul ritorno al nome FORMIA da sostituire ai due borghi.

COMUNE DI CASTELLONE E MOLA
Considerazioni di Pasquale Mattej sul ritorno al nome FORMIA da sostituire ai due borghi.

“Che un solo ed unico nome a’ due attuali paesi competesse ……..”
Così inizia il discorso Pasquale Mattej nel testo ” Voti e speranze per gli abitanti di Castellone e Mola”. Napoli 1854.

” Codesta duplicità di nomi, oggi è stranezza. Lo scambio di nomi ingenera confusione”

“Mola di Gaeta e Castellone hanno una sola e medesima origine, una è la topografica situazione, uno il non interrotto casamento, promiscui gl’interessi, le parentele, le condizioni, il territorio”

“Qual dubbio ci tratterrebbe di ricorrere alla primitiva e nobile approvazione di Formia? Ciò s’impetrerebbe con ragionata petizione dall’ottimo nostro Sovrano del Reale Beneplacito.
Così tutto si chiuderebbe in un nome illustre, istorico, e fino ai tempi nostri celebrato dalla costante tradizione, e con l’aggiunta al Paese del titolo di Città.”

Alla fine il Mattej giustifica la pretesa richiesta al Re ,che da un paio di anni aveva acquistato la Villa Caposele, ” per essersi costituito e prescelto a Reale dimora”.

La sua richiesta, purtroppo non fu mai presa in esame , forse per un parere non favorevole di Gaeta come città Capo Distretto.

Sarà invece esaminata favorevolmente dal Re Piemontese Vittorio Emanuele di Savoia che in data 13 marzo 1862 , con Regio decreto n. 507 sancì che ” al nome attuale del Comune di Castellone e Mola, è sostituito quello di Formia”.

Il 6 gennaio 1866, lo stesso Re Vittorio Emanuele II da Firenze, emanò il decreto reale che dichiarava Formia Città.

Raffaele Capolino

UN TRATTO DELLA VECCHIA VIA FLACCA A S. AGOSTINO A GAETA Resti di una probabile stazione di sosta

UN TRATTO DELLA VECCHIA VIA FLACCA A S. AGOSTINO A GAETA
Resti di una probabile stazione di sosta

Da una visita fatta in data 18 febbraio 2017, su indicazione del mio amico Jeanpierre Maggiacomo ho potuto rilevare la presenza del tratto della Flacca che , costruita nel 184 a.C. ,
congiungeva Terracina a Formia passando sul versante tirrenico.

Altri tratti sono riscontrabili a Sperlonga ( c’è anche un piccolo tratto in galleria ) e a Gaeta vicino alla Chiesetta di Conca.

A Formia è identificabile con il tratto di Vindicio e la Via Olivella con termine al Ponte di Rialto.

La strada deve essere stata progettata per il transito alternato di un solo carro sfruttando zone di maggiore ampiezza.

Certamente non era una strada di livello pari all’Appia costruita da Appio Claudio.

Le strutture imponenti di grandi cisterne, di un ninfeo e di numerosi resti murari, ancora ricoperti in cocciopesto e volte a stucco, fanno intendere che possa trattarsi di una ” stazione di servizio ” di quei tempi dove era possibile pernottare e rifocillarsi.

È prevista , comunque , un’altra visita per avere idee sempre più chiare.
La prima ispezione è stata interrotta da una pioggia insistente.

Altre foto saranno disponibili in un album che sarà pubblicato nei prossimi giorni.

Raffaele Capolino

IN UN DOCUMENTO DEL 1814 L’IMPRONTA DEL PRIMO TIMBRO DI ” LA COMUNE DI FORMIA – MOLA E CASTELLONE “

IN UN DOCUMENTO DEL 1814 L’IMPRONTA DEL PRIMO TIMBRO DI ” LA COMUNE DI FORMIA – MOLA E CASTELLONE ”

Si tratta del primo segnale di libertà per i nostri avi , dopo oltre mille anni di oblio, pervenuto nel 1799, nel periodo Francese, come precisato nella Colonna della Libertà di piazza T.Testa a Formia.( ved. foto in sezione commenti)

È importante anche il fatto che sia stato ripreso ufficialmente il nome ” Formia ” scomparso nelle denominazioni dei borghi di Mola e Castellone che, per differenziarsi da omonimi borghi , furono chiamati per lunghi anni: Castellone di Gaeta e Mola di Gaeta.

“La Comune di Formia Mola e Castellone” ebbe breve durata con il ritorno dei Borbone e la cacciata dei Francesi.

Solo nel 1820 fu autorizzata dal Re Ferdinando I Borbone la nascita del “Comune di Castellone e Mola ” , ma senza la riproposizione del termine “Formia ” e con l’impegno di non danneggiare le attività economiche di Gaeta , città capo-distretto.

Nel 1862 , dopo la caduta dei Borbone , ritornò l’antico nome di Formia.

L’evento del 1799 è ben descritto in due dei lati del basamento della predetta Colonna della Liberta’ fatta sistemare, nel suo punto originario , dai Lyons di Formia di fronte alla Fontana delle cinque cannelle.

I principali fautori di questa risistemazione furono Giovanni Bove e Salvatore Ciccone.

La Colonna della libertà rappresenta , per quanto sopra detto, il simbolo della prima autonomia comunale e della libertà ottenute con la nascita di una identità amministrativa autonoma:

“La Comune di Formia Mola e Castellone”

Tutto questo ci racconta l’impronta del timbro oggetto di questo articolo.

Raffaele Capolino