LA PRIMA STRUTTURA SANITARIA DI FORMIA. “‘OSPEDALE CIVILE SPINA” IN VIA DELLA TORRE A CASTELLONE NEI PRESSI DELLA TORRE OTTAGONALE

LA PRIMA STRUTTURA SANITARIA DI FORMIA.

“‘OSPEDALE CIVILE SPINA” IN VIA DELLA TORRE A CASTELLONE NEI PRESSI DELLA TORRE OTTAGONALE

Pochi sanno che a Castellone ,verso la fine del 1800 , questo palazzo in Via della Torre fu sede di una struttura sanitaria denominata “Ospedale Civile Spina” per le esigenze mediche della città di Formia.
Questo primo ospedale , purtroppo, ebbe una sequela di impedimenti burocratici e giudiziari che ne determinarono la chiusura dopo appena venti anni dalla istituzione.

La singolare storia si sviluppò nei termini che andrò a raccontare sulla scorta di documenti conservati all’archivio Storico del Comune di Formia presso la Torre di Mola.
Con Atto del Notaio Laracca del 5/1/1888 il Cav. Pasquale Spina dichiarò di donare al Comune di Formia un caseggiato con annesso giardino sito in Via Torre ( ved. Foto) , insieme ad una rendita annua di Lire 500 offerta dai fratelli Signori Benedetto, Angelo e Filippo Rubino , il tutto per la creazione e gestione di un ospedale da parte del Comune che avrebbe dovuto contribuire con almeno lire 1.000= annuali. Altre condizioni poste a carico del Comune erano le seguenti:
– Chiamare la struttura sanitaria “0spedale Civile Spina ” , e destinarla al ricovero d’infermi poveri di ambo i sessi con sei posti letti (tre per donne e tre per uomini)
– Trasformare la pia istituzione in un Ente Morale, forse per averne un vantaggio fiscale ed eventuali contributi.
– La parte medica sarebbe stata assolta dai medici condotti della città.

In caso di inosservanza delle condizioni poste dai donanti si sarebbe verificata la nullita’ della donazione con ritorno dei beni immobili e mobili agli aventi diritto nella loro qualità di eredi dei donanti stessi.

Sia gli Spina sia i Rubino erano note famiglie benestanti di Formia che avevano ricoperto , a turno, la carica di Sindaco per quasi trent’anni dal 1861 al 1889 e quando si verificarono gli eventi sopra narrati era Sindaco di Formia fin dal 1873 proprio il Cav. Pasquale Spina autore della donazione.
Ricordo infine che il primo Sindaco di Formia fu nel 1861 uno zio di Pasquale Spina tal Francesco Antonio Spina che fu rapito e dopo un mese assassinato dal brigante , originario di Mola , Francesco Piazza detto”Cuccitto”.

Il Comune , con Real decreto del 26/4/1888 fu autorizzato ad accettare la donazione con intervento del Consigliere Comunale Ciano Francesco e fu spesa subito la somma di lire 7.902,32 per ” la riattazione del fabbricato ad ospedale” nominando un’apposita Commissione Amministrativa che avrebbe dovuto preoccuparsi della gestione dell’Ospedale .
Si verificò, purtroppo la morte del donante Pasquale Spina quasi subito dopo la donazione e iniziarono i contrasti tra il Comune e gli eredi Spina.
Preoccupati da questi contrasti, i fratelli Rubino si astennero dal versare le 500 lire annuali promesse né si verificò l’elevazione dell’ospedale ad Ente Morale come voluto dai donanti.

In più la Commissione Amministrativa ,
fin dai primi anni della sua costituzione , ritenne insufficienti le mille lire a carico del Comune per la gestione complessiva fissando il nuovo contributo a lire 2.112 che il Comune ritenne eccessivo per le sue disponibilità non potendo nemmeno contare sull’impegno finanziario promesso in donazione ma mai corrisposto dai fratelli Rubino .

Per questo groviglio burocratico-legale le cose non andarono concordemente alle condizioni apposte dai donanti, tant’è che il Sig. Eduardo Passarelli Spina, erede di Pasquale Spina morto il 24/6/1890, con atti presentati al Tribunale di Cassino il 19/5/1908 e 23/1/1909 , chiese il ritorno dei beni immobili per inosservanza degli obblighi previsti a carico del Comune.
In quegli anni l’attuale zona del Basso Lazio compreso il Frusinate era in provincia di Terra del Lavoro.
Il Tribunale di Cassino con due sentenze del 25/3 e 5/4 /1909 dichiarò revocata la donazione ordinando al Comune di Formia di restituire con atto notarile l’immobile ricevuto venti anni prima in donazione.

Il Comune di Formia , difeso da Tommaso Testa e Filippo Testa di Tommaso ( i legali erano padre e figlio), presentò ricorso alla Corte d’appello di Napoli sostenendo che la situazione di stallo fu causata dal mancato introito dai fratelli Rubino .
La Corte d’appello con sentenza definitiva del 3/4/1911 (allora i gradi giudizio erano due) rigettò la richiesta e confermò la condanna, per il Comune , alla restituzione dell’immobile al Sig. Eduardo Passarelli Spina in aggiunta alla somma di Lire 7.366,79= per aver goduto
le rendite del caseggiato oggetto della donazione.

Così ebbe fine ” L’Ospedale Civile Spina ” di Castellone che durò , anche se con moltissime difficoltà, appena venti anni .
Sicuramente le cose sarebbero andate in modo diverso se fosse stato in vita Pasquale Spina.Credo che i suoi eredi non fossero all’epoca contenti dell’atto di donazione fatto dal loro antenato ed abbiano subito approfittato delle inosservanze burocratiche fatte registrare dalle autorità comunali per far dichiarare decaduta la donazione.
Singolare fu pure il comportamento determinante e di contrapposizione della Commissione Amministrativa nei confronti dello stesso Ente che l’aveva creata.

Di questo ospedale ho avuto occasione di sentirne parlare più volte da mio padre Angelo che vi abitò di fronte, oltre che da altri cittadini di Castellone. Per caso mi è capitato sotto agli occhi un copioso fascicolo conservato all’Archivio Storico del Comune di Formia che ha stimolato la mia ricerca.
Questo Archivio rappresenta per la Città di Formia una miniera di notizie che aspettano solo di essere lette , studiate e diffuse da chiunque ami questa Città .

Io cerco di farlo al meglio che posso , con umiltà , ma con tutto il mio interesse storico che ho sempre avuto e con la certezza che un giorno non lontano saranno i giovani che continueranno a farlo con un maggiore impegno e migliori risultati .

Raffaele Capolino

FOTO DI UNA PARTE DEI DOCUMENTI DELL’ARCHIVIO STORICO DEL COMUNE DI FORMIA RISULTATI UTILI PER RICOSTRUIRE LA STORIA DEL PRIMO OSPEDALE DI FORMIA :

FOTO DI UNA PARTE DEI DOCUMENTI DELL’ARCHIVIO STORICO DEL COMUNE DI FORMIA RISULTATI UTILI PER RICOSTRUIRE LA STORIA DEL PRIMO OSPEDALE DI FORMIA :

“OSPEDALE CIVILE SPINA”
Castellone in Via della Torre

Mi sono limitato a pubblicare solo gli aspetti più importanti della vicenda che meriterebbe uno studio piu analitico sempre al fine di scrivere un’altra e poco nota pagina di storia della nostra città.

Spero che questo ulteriore studio lo faccia qualche giovane appassionato di storia locale di Formia.

Raffaele Capolino

Queste due foto si riferiscono entrambe ad una processione di S.Giovanni nei primissimi anni del dopoguerra, intuibile dalle case diroccate dai bombardamenti.
Sembrano uguali ma non lo sono. La prima è stata scattata qualche attimo antecedente alla seconda dove molti alzano la testa per osservare qualcosa in cielo o in alto.
Le ho trovate singolarmente in momenti diversi e in occasione di differenti ricerche.
Insieme costituiscono un “piccolissimo film”.
È molto probabile che siano state scattate dalla stessa persona.
Qualcuno dei ragazzi potrebbe riconoscersi, altri potrebbero individuarci amici o parenti.

Sono riconoscibili, nella seconda foto, Don Gennaro Palmaccio sulla destra e Don Giovanni Fiumara a sinistra.

Raffaele Capolino

ANCHE ” FORMIAE ” CONOBBE GLI ORRORI, LA PAZZIA E LA CRUDELTA’ DI NERONE

ANCHE ” FORMIAE ” CONOBBE GLI ORRORI, LA PAZZIA E LA CRUDELTA’ DI NERONE

L’imperatore Nerone , per eliminare un pretendente al trono , fece uccidere in Asia nel 62 d.C. Rubellio Plauto figlio di Giulia ( figlia di Druso) e nipote di Tiberio.

Rubellio , per lo stesso motivo e sempre su ordine di Nerone , era stato inviato in esilio in Asia nel 61 d.C.

Rifugiatosi presso l’esercito di Corbulone , qui l’anno successivo fu raggiunto e ucciso dagli uomini di Tigellino, capo del Pretorio, e la sua testa fu inviata a Nerone.

Rubellio Plauto , avendo sposato Polluzia, era il genero di Lucio Veto che fu Proconsole d’Asia e che, con la sua presenza alla corte di Nerone, rammentava a quest’ultimo la sua nefandezza.

Fu solo per questo motivo che anche Lucio Veto fu perseguitato da Nerone che ne chiese al Senato la condanna a morte inventandosi una falsa accusa.

Lucio Veto , con sua figlia Polluzia e sua suocera Sestia , si rifugiò a Formia dove aveva una casa di campagna ( così erano chiamate le “domus ” fuori Roma), sperando in un ripensamento di Nerone.

I tre vissero nel terrore restando chiusi per diversi giorni nella villa di Formia circondata dai pretoriani di Tigellino.

Polluzia riuscì a recarsi a Napoli per cercare di commuovere Nerone, ricordandogli che il padre era stato suo collega in un consolato.

Non fu ricevuta da Nerone, ma lo incontrò per strada riuscendo a parlargli e a pregarlo di salvare il padre.Ma fu tutto inutile.

Fu consigliato a Veto di nominare Nerone erede di tutti i suoi beni, compreso la domus formiana, ma Veto rifiutò sdegnato.

Lucio Veto, convinto di non potersi salvare e dopo aver distribuito tutto il sua denaro ai suoi schiavi, si chiuse con le sue due donne in un bagno della sua villa in Formia, e insieme si dettero la morte con il taglio delle vene ai polsi.

Nonostante questo tragico evento , furono egualmente dichiarati dal Senato di Roma, colpevoli di tradimento verso l’imperatore e condannati alla “damnatio memoriae” , su falsa accusa di un loro liberto che ebbe per ricompensa un posto fisso ad un Teatro.

Scrive Tacito in ” Annales ” Libri XIII e XIV

” Nerone, come se vivi fossero ancora quegli infelici, lasciò loro la scelta del genere di morte. ”

Questo da me narrato è un episodio poco noto , ma scritto e raccontato da Cornelio Tacito nei suoi “Annali” , e ripreso da altri storici in epoche successive.

Raffaele Capolino

Fonti : Cornelio Tacito e Louis Crevier (1777) che parla di Antistia al posto di Polluzia.

UN GIORNO A NAPOLI ALLA RICERCA DEL LUOGO IN CUI FU SEPOLTO PASQUALE MATTEJ (Formia 1813 – Napoli 1879)

UN GIORNO A NAPOLI ALLA RICERCA DEL LUOGO IN CUI FU SEPOLTO
PASQUALE MATTEJ (Formia 1813 – Napoli 1879)

Prima di morire Pasquale Mattej scrisse:

“Io chiudo gli occhi alla vita nella lusinga che i miei concittadini di Formia reclameranno il mio corpo per allogarlo in un cantuccio del loro camposanto, tra i miei cari parenti.
I miei funerali dovranno essere semplicissimi, senza sfarzi e civili. ”

Forte di queste sue volontà rimaste inevase , il 24 febbraio scorso, con gli amici Luciano Simione e Fabio de Simone dell’Associazione Formiana Saxa, ho trascorso una giornata a Napoli per individuare il luogo preciso in cui fu sepolto il nostro Illustre Concittadino.
Il primo passo per reclamare il corpo del più illustre personaggio della nostra Città di Formia.

L’ufficio “anagrafe mortuaria” del Comune di Napoli ci comunicò telefonicamente, con tutta sicurezza, che i resti mortali di Pasquale Mattej erano al Cimitero di Poggioreale, all’interno di un ossario al n. 77 della Reale Arciconfraternita del SS.mo Sacramento e Rosario del Monte di Dio a Pizzo Falcone.

Raggiungenmmo suddetto luogo aiutato da un rappresentante di predetta Confraternita ma non riuscimmo a individuare alcun loculo in cui fosse scritto il nome di Pasquale Mattej deceduto il 17 gennaio 1879.

Trovammo una targa lasciata da studenti del Liceo Linguistico di Formia che, in una visita d’istruzione del 7 marzo 2013 , in occasione del bicentenario della nascita del nostro storico personaggio, raggiunsero , come noi, i luoghi indicati dagli Uffici Comunali di Napoli.(foto 9)

Un solo loculo ha incuriosito me e i miei due amici. (Foto 8) Il loculo che ho fotografato reca questa semplice scritta:

P. M.
1882

Potrebbe essere questo il loculo che contiene le ossa di P.Mattej?

In effetti il Mattej morì nel 1879 e ,come d’uso ancora oggi in Campania, fu sicuramente tumulato in una fossa da cui furono estratte le ossa tre anni dopo, nel 1882 , per riporle nell’ossario dell’Arciconfraternita sopra menzionata.

È probabile che i funerali del Mattej avvennero proprio come lui voleva : ” semplicissimi, senza sfarzi e civili “.,

Tra le sue ultime volonta’ precisò qualcosa che riguardava il suo modo di concepire la religione :

” Io ho in cuor mio sostituito sempre tutte le religioni rilevate o mentitrici la religione del vero , siccome la intende Garibaldi, religione senza preti , basata su la ragione e la scienza ” .

Espresse quindi il desiderio di essere sepolto senza rito ecclesiastico e , forse per questo , fu accolto nella Confraternita con le sole iniziali anagrafiche e la data della deposizione delle ossa ??!!!???

Resta comunque da rispettare la prima parte delle sue ultime volontà, e cioè : essere allogato in un cantuccio del Camposanto di Formia , tra i suoi cari , su richiesta dei suoi concittadini .

È proprio perché vengano rispettate le sue ultime volontà che è stata organizzata la nostra visita del 24 febbraio 2017.

Confidiamo, comunque , nella sensibilità di qualcuno dei nostri attuali amministratori che ci sostenga nelle nostre intenzioni.

Raffaele Capolino

Fonti: G.Ottaviani ” Pasquale Mattej ” 2006 Ed. Caramanica.

IL VOLTO BELLISSIMO DEL REDENTORE SU MONTE ALTINO SENZA AUREOLA

IL VOLTO BELLISSIMO DEL REDENTORE SU MONTE ALTINO SENZA AUREOLAFB_IMG_1489697265954

È una foto scattata nel 2001 da sopra un’ impalcatura eretta per una manutenzione della statua , finanziata dalla Regione Lazio , nella ricorrenza del suo primo centenario.

L’aureola fu tolta provvisoriamente per un più facile trattamento e per la pulizia delle parti ossidate dal tempo.

In quella occasione, all’interno della stessa statua fu rinvenuto un grosso nido d’uccelli d’alta quota.

Ci e’ stata offerta così la possibilità di ammirare , anche se in foto, il Volto di Cristo Redentore in tutto il Suo splendore.

Raffaele Capolino

LA STORIA DEL REDENTORE SUL MONTE ALTINO A MARANOLA

LA STORIA DEL REDENTORE SUL MONTE ALTINO A MARANOLA

Con l’ Enciclica Praeclara del 1894, il Papa Leone XIII espresse un giudizio deludente sul sec.XIX che stava finendo in quanto pregno di sciagure e guerre , augurando nel contempo al mondo intero , un prosperoso e pacifico XX secolo,
Il suo consigliere Conte Acquaderni gli propose di suggellare il Secolo in chiusura con 19 monumenti al Redentore da collocare sulle vette italiane più belle e più panoramiche.
Qualche anno più tardi Ludovico Pecci , nipote del Papa XIII , chiese di modificare l’idea proponendo di guardare al futuro secolo invece che al passato .In pratica volle aggiungere un altro monumento ai 19 previsti per collocarne uno a Monte Capreo di Carpineto Romano dove era nato il suo zio divenuto Papa.

Il Papa accettò l’idea quindi di posizionare venti monumenti del Redentore su altrettante vette panoramiche per omaggiare il XX secolo che stava per iniziare e, il primo di settembre 1896 , istituì un Comitato di tre persone con sede a Bologna per la scelta dei luoghi e per organizzare al meglio l’evento.

L’Arcivescovo di Gaeta Mons.Francesco Niola, sollecitato dal Parroco di Maranola Don Vincenzo Ruggiero , fu velocissimo a proporre il Monte Altino in considerazione della sua dominante posizione panoramica supportato anche dalle pubblicazioni del periodico settimanale di proprietà del Ruggiero “LA CAMPANIA” stampato in una sua Tipografia a Maranola, allora entità amministrativa autonoma.

Furono cosi’ individuate e scelte in via ufficiosa le venti vette italiane tra cui quella di Maranola che fu il risultato del coinvolgimento di ben 46 Diocesi di tre regioni confinanti (Campania , Molise e parte delle Puglie) , quando negli ultimi giorni ancora rimasti per le decisioni finali la Diocesi di Napoli, facendo un dietrofront sulle sue originarie decisioni e creando problemi ai tre componenti del Comitato di Bologna, propose la soluzione del Monte Vesuvio in sostituzione del Monte Altino.
Furono necessarie il “carisma e le capacità diplomatiche” di Don Vincenzo Ruggiero , parroco di Maranola e uomo erudito, per bloccare il tentativo di “sgambetto” partenopeo .

Stabilite definitivamente le venti vette, furono estratte dalle stesse cime venti pietre a forma di mattone con precise iscrizioni riguardanti la Vetta e lo scopo voluto dalla Santa Sede da utilizzare per la chiusura della Porta Santa della Basilica Vaticana nell’anno 1900=.

Il progetto relativo al Monte Altino fu redatto dall’ing. Giacinto Mastrojanni che propose di costruire un obelisco alto dieci metri per apporvi la Statua del Redentore di quattro metri comprensiva della croce. Questo progetto fu scelto per il suo costo inferiore rispetto ad altri.
Il 23/3/1900 fu firmato il contratto con la Ditta Rosa Zanazio sia per realizzazione della statua in ghisa sia per le opere di collocazione sulla spalla del Monte Altino a mt 1.252 che in futuro sarà chiamata Monte Redentore.

Fu concordato che la Statua fosse realizzata in quattro parti congiungibili tra loro sul luogo di collocazione e di peso non superiore a quattro quintali per elemento , ma le cose andarono diversamente.La Statua fu fusa alla Fonderia Tuse Mense di Parigi in un unico blocco e con un peso complessivo di ventuno quintali. Questi imprevisti particolari a fusione ultimata , terrorizzarono non poco il Farmacista Saverio Riccardelli , direttore del ” Comitato organizzatore locale ” pensando alle difficoltà da superare sia per il trasporto sia per la collocazione , anche e soprattutto per il fatto che non c’era alcuna strada tra Maranola e la Vetta di Monte Altino.

La Statua arrivò a Formia nel mese di settembre del 1900 per ferrovia, Via Cassino e tramite la linea ferroviaria Sparanise-Formia-Gaeta perché la direttissima Roma-Napoli non era ancora stata realizzata.
Il prezioso monumento fu trasportato con un enorme carro messo a disposizione da un coltivatore del Comune di Elena a Gaeta, trainato da quattro buoi fino a Maranola. Qui fu conservata nella Chiesa dell’Annunziata per tutto il periodo invernale che fu impiegato per approntare una strada di dodici km per congiungere Maranola a Monte Altino.

Il giorno 4/6/1901 la Statua iniziò il cammino in salita poggiata su una slitta appositamente costruita e trainata sempre da buoi e da centinaia di persone che dopo quaranta giorni raggiunsero la vetta, anche se i giorni effettivi di trasporto furono quattordici.

Non fu facile neppure la collocazione sull’obelisco alto dieci metri posto su una cupola naturale a mt 1.252 dal livello del mare.Fu necessaria la costruzione di una enorme impalcatura lignea attorno all’obelisco gia’ eretto e fatta a più gradoni dal lato nord per facilitare l’innalzamento graduale della pesante statua.
Con le sole forze delle braccia di diverse centinaia di volontari di Maranola che aiutarono i dipendenti della Ditta Rosa-Zanazio e sotto la direzione personale di Don Vincenzo Ruggiero , fu compiuta questa opera “faraonica”.
Il 29 luglio 1901 fu apposto sulla Croce un parafulmine e, per annunciare il lieto evento, furono sparati a salve 33 colpi con un cannoncino prestato dal Comune di Esperia.

Dopo sei anni e tanti pellegrinaggi di devoti provenienti da ogni parte d’Italia, nella notte del 29/10/1907 un fulmine abbatté sia l’obelisco che la statua che rimase acefala. I vecchi di Maranola raccontano che la testa rotolò nel Canalone dove fu raccolta e portata nella Chiesa della SS Annunziata.
Intanto si stava approssimando l’evento tragico della prima guerra mondiale e solo dopo dodici anni, nel settembre del 1919 , a guerra ultimata, il restauro voluto dal parroco Don Carlo Piccolini , subentrato a Don Vincenzo Ruggiero che era nel frattempo deceduto , arrivò a felice conclusione .

Il progetto di restauro realizzato produsse l’immagine e i luoghi che vediamo adesso , con una cupola in muratura in sostituzione dell’altissimo obelisco originario e fu progettato sempre dall’ing. Giacinto Mastrojanni e realizzato dai F.lli Mancinelli di Esperia , i cui discendenti realizzarono nel dopoguerra , in prossimità di Largo Paone , l’edificio più alto di Formia.

Queste sono state le “straordinarie fatiche dei Maranolesi” per il trasporto e la collocazione della Statua del Redentore che sorveglia dall’alto uno spazio geografico che va dal Circeo al Vesuvio di fronte alle isole di Capri , Ischia, Procida, Santo Stefano, Ventotene, Zannone, Ponza e Palmarola.

Dei venti monumenti previsti solo quattro non furono realizzati per sopraggiunte e impreviste difficoltà , forse anche inferiori rispetto a quelle riscontrate per il monumento del Monte Altino.
È il caso di poter affermare che “la volontà di Don Vincenzo Ruggiero e la tenacia dei Maranolesi ” hanno evitato che le opere incompiute fossero cinque invece che quattro.

Mi sono limitato ai punti essenziali della storia prendendo spunto da un articolo molto dettagliato di Gerardo De Meo pubblicato sulla Storia Illustrata di Formia e da una copia anastatica del periodico “La Campania ” del 31 luglio 1901 regalatami dall’amico Gabriele D’Anella.
Questo foglio periodico settimanale religioso e politico, dal costo di 5 centesimi, fu stampato Sabato-Domenica 3-4 Agosto 1901 a Maranola reca il n. 31, anno VII .
Direttore del periodico l’Arciprete Vincenzo Ruggiero di Maranola.

Una delle tante straordinarie storie del nostro Territorio dei Monti Aurunci e del Golfo.

Raffaele Capolino