POSSIBILI ORIGINI DEL NOME ” FORMIA

POSSIBILI ORIGINI DEL NOME ” FORMIA ” .

La teoria predominante è quella che Formia deriverebbe dal greco “Hormiai” che significa “approdo tranquillo e sicuro ” come afferma lo storico e geografo Strabone.
Altra ipotesi da non scartare è che Formia potrebbe essere una derivazione della parola latina ” Formus” che significa caldo e quindi luogo caldo.
Una terza teoria è una parola che ho incontrato spesso in testi del lontano passato riguardanti il nostro territorio.
Questo termine è ” in Formis” spesso usato per dire in Formia.

Mi è capitato di leggere che solo le parole di origine greca possono terminare in is o in iis : Formis – Formiis

Il toponimo “in Formis” in realtà è spesso collegato a corsi d’acqua e nasce anch’esso dalla parola latina “Forma”.
Sesto Giulio Frontino (40 dc – 103 dc. – Funzionario storico e scrittore) in effetti fa derivare il nome Formiae dalle tante sorgenti e corsi d’acqua nel suo territorio.
Numerosi sono attualmente questi corsi d’acqua ,anche sotterranei e sfocianti nel mare, e sicuramente ancora di più ce ne saranno stati nel passato nel nostro territorio.
Dalla Fons Artacia ai torrenti Pontone e Rialto che in un passato più piovoso possono essere stati fiumi con una buona portata avendo alle spalle monti e vallate del gruppo montuoso degli Aurunci.
Dalle sorgenti di S.Maria La Noce, che riforniva il Cisternone, a quelle che interessavano la zona di Mola come la Sorgente Mazzoccolo , dal Rio Frigidus ( oggi Rio Fresco) al Torrente S.Croce che raccoglie le acque di Capodacqua.
Dalla sorgente di Palombara a Castellonorato a quella di Acquaviva sulla strada per il Redentore.

Alcune zone di Formia lasciano intuire dal loro toponimo la probabile presenza antica di corsi d’acqua: Acqualonga, Acquatraversa, Ponteritto, Piscinola.

A Formia esiste una Via della Forma (dove ho anche abitato negli anni settanta ) in prossimità della sorgente Mazzoccolo. Le parole “Forma” e “Formali”, in latino avevano un significato di ” canali di scorrimento delle acque”.

Alcune Basiliche o città romane, sono state chiamate “in Formis” proprio per la presenza di sorgenti.

Occorre altresì puntualizzare che la parola latina “Forma” ha anche un significato di ” figura ordinata nelle sue parti” da cui scaturiscono le parole odierne: mappa, carta grafica, disegno, stampa . In testi medioevali troviamo spesso determinazioni come “ad formam” – “ad formas – ” in formis” – “Forma urbis”.

Ancora Frontino parla di “formae rivorum” riferendosi a canali costruiti e agli abusi degli agricoltori di forare l’acquedotto e incanalare le acque attraverso “formae o ” formali” così chiamati anche nel medio evo.

In conclusione , tutto quanto sopra detto può portarci anche a ipotizzare che il toponimo “Formia” , oltre che da “approdo ” e da “caldo” , come terza teoria, possa essere derivato anche dalla particolare abbondanza nel suo territorio di ” formae e formali ” di scorrimento acque.

Raffaele Capolino

(Foto fornite da Pietro Cardillo)

RESTI DI UNA DOMUS ROMANA AL PORTICCIOLO CAPOSELE

tmp_11225-FB_IMG_1485455439669447430543.jpgRESTI DI UNA DOMUS ROMANA AL PORTICCIOLO CAPOSELE.

Foto tratta da un articolo di qualche anno fa postato sul web successivamente al rinvenimento di questo nuovo sito in località Porticciolo Caposele.

È stata data comunicazione del recupero di numerosi reperti tutti di epoca romana.

Si tratta di un ulteriore tassello da aggiungere al mosaico complessivo del patrimonio archeologico della Città di Formia.

Raffaele Capolino

Visione di ieri pomeriggio, al tramonto e per pochi attimi, dal molo del Porto Caposele di Formia.
Le colorazioni acquisite dai monti sono variabili da un giorno all’altro.tmp_11225-fb_img_148545501310199690213

Questa cartolina , risalente agli anni 1930/1940, fornitami dall’amico Giacinto Mastrogiovanni, documenta ed evidenzia ancor meglio la presenza di un acquedotto alle spalle , lato monte , di via della Conca a Formia.

Su questo sito antico e poco noto, ho scritto più di un post nei mesi scorsi con immagini meno chiare tratte da altre cartoline d’epoca.

La splendida visione che scaturisce da questo documento venuto fuori recentemente, mi ha fatto ritornare sull’argomento.

Come già scritto l’acquedotto serviva a dare energia motoria alle ruote della Gualchiera e a quelle di un vicino mulino nel quartiere di Caposelice.

Raffaele Capolinotmp_11225-fb_img_14854544268891616446886

 

ALTRI CINQUE REPERTI TROVATI A GIANOLA DI FORMIA MA NON ANCORA PRESENTATI AL PUBBLICO

ALTRI CINQUE REPERTI TROVATI A GIANOLA DI FORMIA MA NON ANCORA PRESENTATI AL PUBBLICO

Furono trovati assieme ai cinque bellissimi ” volti svelati” ( così sono stati chiamati ), sono stati restaurati anch’essi ma non hanno avuto lo stesso destino delle cinque teste.

Si tratta di una testina di cavallo, un’altra di Apollo, due testine maschili di cui una ancora “imprigionata ” nel marmo , e una testa di donnina che si pettina.

È interessante la quinta foto che rappresenta un’opera in corso per un risultato finale simile al reperto riprodotto nella terza foto.
Uno scultore specializzato per una specifica riproduzione marmorea.

Ritengo e spero che siano in qualche deposito del Museo di Formia e che non vengano rinvenuti in altro museo come successo con ” l’urna cineraria” tuttora esposta al Museo di Sermoneta.

A proposito di quest’ultimo reperto, trovato in quello che è considerato il sepolcro di Marco Vitruvio Pollione, nessuno ha pensato di darci una risposta in merito ad un probabile prestito non rientrato o non ancora scaduto.

Questi reperti sono di proprietà pubblica e non c’è cosa più bella, per chi fa ricerche e tratta di reperti archeologici , di condividere subito con tutti il piacere di una scoperta e di trasferire il proprio entusiasmo con una pronta informazione.

Mi si può dire che lo spazio nel Museo è ormai insufficiente per altri ingressi, ma poteva esserci almeno una esposizione temporanea dei reperti subito dopo il loro restauro.

Eppoi i reperti archeologici non vanno solo custoditi. Vanno anche fatti amare dal pubblico che, inevitabilmente , li ricollega ai propri antenati e alla storia dei luoghi da quest’ultimi vissuti.

Si spera, comunque, che qualcosa si faccia dopo questo appello che sento di fare anche a nome di tanti che la pensano come me.

Raffaele Capolino

RESTI DI SEPOLCRO ROMANO CON PROBABILE RIFERIMENTO AD UN DISEGNO DI PASQUALE MATTEJ

RESTI DI SEPOLCRO ROMANO CON PROBABILE RIFERIMENTO AD UN DISEGNO DI PASQUALE MATTEJ

Trovasi a qualche centinaio di metri , lato destro verso Itri , dalla Tomba di Cicerone.

L’agglomerato di calcestruzzo romano è attualmente poco sporgente dal piano di campagna ma sicuramente potrebbe essere “scalzato ” per almeno due/tre metri fino al piano originario dell’Appia Antica.

La stessa struttura presenta sul lato strada un’apertura centrale, meglio visibile ad occhio nudo e caratteristica di sepolcri simili tipo il sepolcro della Torricella di S.Pietro a Formia.

In questo tratto della Via Appia , attorno alla Tomba del Grande Oratore, il Mattej attesta la presenza di diversi sepolcri romani e forse uno dei due suoi disegni postati può essere riferibile ai resti sepolcrali odierni.

Nei dintorni sono ben visibili tracce di parti originarie di questo sepolcro utilizzate , nel corso dei secoli , per realizzare il recinto murario di una proprietà privata.

La segnalazione di tal sito archeologico mi è pervenuta dall’amico Maurizio Liberace.

Raffaele Capolino

VEDUTA DI CASTELLONE DA UN MONUMENTO ANTICO A PAGNANO

tmp_5646-fb_img_1484847479491706898769VEDUTA DI CASTELLONE DA UN MONUMENTO ANTICO A PAGNANO

Disegno di Pasquale Mattej del 28 marzo 1847

Ritengo si tratti di un Sepolcro Romano che si spera di rintracciare sulla collina di Pagnano di Formia dove in una mappa il Mattej ha posizionato più di venti sepolcri del periodo romano.

Questa mappa , chiamata dallo stesso Artista Formiano ” L’antica e la moderna Formia ” è tratta ” Dagli studii istorici topografici di P. Mattej” del 1868.

Finora a Pagnano di sepolcri romani, grazie anche alle indicazioni del Mattej, ne sono stati individuati tre da me pubblicizzati nei mesi scorsi, più un quarto che, anche se localizzato, è occultato da un muro perimetrale di una proprietà privata.

Come già riferito in altro recente post, l’attività di ricerca posta in essere con l’associazione Formiana Saxa , proseguirà nei prossimi giorni che speriamo siano migliori dal punto di vista meteorologico.

Raffaele Capolino

L’ODISSEA DI UN DIPINTO DI PASQUALE MATTEJ ( Formia 1813 – Napoli 1879) Ritornò in Italia, dal continente asiatico, dopo oltre un secolo.

tmp_32149-fb_img_1484847268472-1529835294L’ODISSEA DI UN DIPINTO DI PASQUALE MATTEJ ( Formia 1813 – Napoli 1879)
Ritornò in Italia, dal continente asiatico, dopo oltre un secolo.

Agli inizi del 1900 questo dipinto fu acquistato in una galleria di Firenze da una nobildonna francese che , qualche anno dopo , promessa in sposa al Presidente del Bali , partì da Parigi portando con sé, tra le altre cose, questo dipinto dal quale non volle separarsi.

A nozze avvenute il prezioso quadro fu sistemato nel Palazzo Presidenziale di Bali , in Indonesia, dove rimase per oltre cento anni.

Con la morte della nobildonna e del suo coniuge, il dipinto fu venduto da un loro figlio ad un mercante d’arte di Bali che , avendo letto sul dipinto il nome dell’autore , si mise in contatto via ” internet ” , pochi anni fa, con un collezionista italiano estimatore delle opere del Mattej.

Il mercante di Bali aveva individuato la strada giusta perché la trattativa instaurata arrivò a conclusione con soddisfazione reciproca dei contraenti.

Fu così che questo dipinto, olio su tela di 68 x 90 cm con titolo ” Rebecca incontra Eliezer al pozzo di Nacor ” firmato “Mattej 1850″, finì di andare in giro per il mondo e poté ritornare in Italia e far parte di una collezione privata .

Si tratta di un’opera interessante e rara per il suo contenuto biblico, a noi sconosciuta fino a qualche anno fa , e prodotta dal pittore Formiano nel suo periodo più fecondo.

Raffigura l’incontro di Rebecca , figlia di Rachele e promessa in sposa ad Isacco , con un servo di Abramo ” Eliezer ” incaricato di condurre la donna nella dimora del suo futuro sposo.

Raffaele Capolino

FU , PER QUESTI DUE GIOVANOTTI, IL LORO PRIMO SERVIZIO FOTOGRAFICO

FU , PER QUESTI DUE GIOVANOTTI, IL LORO PRIMO SERVIZIO FOTOGRAFICO

Accadde nel secolo scorso , precisamente nel 1920 su ordine di Salvatore Aurigemma (Ispettore del Museo Archeologico di Napoli) e senza il loro consenso, pochi minuti dopo essere stati entrambi dissotterrati dal giardino Nardone-Sorreca presso l’odierna Piazza Mattej.

Non fu dato loro neppure il tempo per una preventiva e necessaria doccia !!!!!!

Possiamo ammirarli oggi , al Museo Archeologico Nazionale di Formia, in tutta la loro eleganza e bellezza , in dimensioni superiori al vero e in nudità eroica.

Il primo, in due foto, è stato individuato in Gaio Cesare, nipote ed erede designato da Augusto, ma prematuramente scomparso nel 4 d.C.

Il secondo, in tre foto, secondo alcuni avrebbe somiglianze che lo farebbero appartenere alla Gens Aelia Lamia, un’antica e nobile famiglia formiana che fu molto legata a Cicerone.
Un antenato di questo secondo personaggio, forse il padre, si preoccupò di dare degna sepoltura , a Formia, al corpo mutilato del grande Oratore.

Si ritiene che le due opere, in marmo bianco italico, siano ascrivibili alla tarda eta’ augustea per l’iconografia e le acconciature.

E’ anche molto probabile che questi due baldi giovani siano stati, per diversi anni , “ospiti silenziosi ” di più di un imperatore romano , in una delle imponenti e lussuose ville marittime del formiano.

Una bella storia che ci appartiene, raccontata con foto prese dall’Archivio Storico di Formia presso la Torre di Mola.

Raffaele Capolino